Recensione The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered – Il ritorno di un sogno che sembra non averci mai lasciato

Data di uscita
Aprile 22, 2025
Piattaforme
SERIES X/S┃STEAM┃PS5
Il nostro Punteggio
8.8
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In un’epoca dove i videogiochi richiedono un tempo di sviluppo sempre maggiore, arrivando in alcuni casi persino a saltare intere generazioni, è facile dimenticarsi quanto certe saghe siano state fondamentali per la crescita e l’evoluzione del medium.

Basti pensare alla serie di The Elder Scrolls, che con ogni nuovo episodio ha definito un punto di riferimento per l’intero genere dei giochi di ruolo, a partire dal suo primissimo capitolo fino a diventare un vero e proprio modello da seguire.

Eppure, i fan sanno bene quanto ormai bisogna aspettare tra un capitolo e l’altro, e molti di noi sono ancora in attesa di notizie concrete su The Elder Scrolls VI, di cui esiste solo un teaser risalente a ben sei anni fa e poco altro se non speculazioni e ipotesi.

Insomma, la fame di un nuovo gioco si fa sentire, e Todd Howard, storico director della saga, ha deciso di alleviare almeno in parte questa attesa che sembra infinita.

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Ed è così, tra rumor, leak e voci più o meno attendibili, che è diventato realtà il ritorno di uno degli episodi più amati: The Elder Scrolls IV: Oblivion, rimasterizzato per una nuova generazione di giocatori cresciuti nelle terre di Skyrim.
Ma può davvero una semplice remastered saziare le aspettative di un pubblico così affamato di novità? Beh, non lasciatevi trarre in inganno dal termine usato per definirla, perché ciò che ci troviamo davanti è un lavoro accurato e sorprendente, in grado di colpire sia i veterani che conoscono Cyrodill come casa propria, sia i neofiti che fremono per entrare per la prima volta nel mondo di Elder Scrolls.

Ecco, dunque, la nostra recensione e analisi completa di
The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered


Di nuovo tra le terre di Cyrodiil

È il 2006. Torniamo a casa, accendiamo la nostra console e iniziamo a giocare a The Elder Scrolls IV: Oblivion. La vita è semplice, e tutto ciò che conta è esplorare Cyrodiil, affrontare dungeon nascosti e perdersi nelle infinite quest che il gioco ci propone. Giungiamo a notte fonda quasi senza accorgercene, costretti a lasciare il controller con una sola certezza: domani torneremo a giocare. E siamo felici.

È il 2025. Torniamo a casa, accendiamo il nostro PC e iniziamo a giocare a The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered. La vita torna improvvisamente semplice, e ci basta perderci ancora una volta tra le terre di Tamriel per ritrovare quella magia che ci rendiamo conto di non aver mai realmente perso. Ancora una volta è notte fonda, ancora una volta ci promettiamo di riprendere domani. E, ancora una volta, siamo felici.

Una statua in una delle città di The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered

Questo è probabilmente il modo migliore per raccontarvi l’emozione che abbiamo provato nel tornare a Cyrodiil. Oblivion Remastered è finalmente realtà, e non si limita a riportare in vita un classico del passato ma lo fa con rispetto e passione, ricordandoci perché, per molti, quel gioco era e resta un capolavoro senza tempo.

Ma per riuscire davvero ad apprezzare il maestoso lavoro svolto dallo studio Virtuos, è necessario fare un passo indietro e raccontare cos’è Oblivion e, ancora prima, cosa rappresenta The Elder Scrolls per il panorama videoludico.
Parliamo dopotutto della saga dark fantasy per eccellenza, capace di catapultare i giocatori in uno dei mondi GDR più vivi, complessi e immersivi mai realizzati, dove ogni NPC esiste come entità autonoma, dotata di una propria routine giornaliera e reazioni specifiche agli eventi generati dal giocatore.

Una serie che, nel corso degli anni, ha sempre stupito per la sua introduzione di elementi che al momento del lancio apparivano rivoluzionari. Dai pionieristici Arena e Daggerfall, noti per l’incredibile vastità delle loro mappe (quella di Daggerfall richiederebbe intere giornate reali solo per essere attraversata a piedi), fino al più recente Skyrim, ancora oggi considerato uno degli RPG più iconici e influenti di sempre.
E Oblivion, quarto capitolo della serie, non è certo da meno, venendo infatti ricordato tuttora come uno dei giochi più immersivi e narrativamente profondi della sua epoca e, in molti aspetti, ancora superiore a buona parte dei titoli moderni.


L’anima di Oblivion

La storia, infatti, si distingue per essere fortemente radicata nella lore dell’universo di gioco, mostrando uno degli eventi di maggior rilievo dell’intera saga: la morte dell’imperatore Uriel Septim VII, figura cardine già apparsa nei primi due capitoli della saga.
L’intera vicenda si svolge nel cuore dell’Impero di Tamriel e più nello specifico nella provincia di Cyrodiil, capitale politica e culturale del continente. Sarà qui che, con le sue ultime parole, l’Imperatore ci affiderà la missione cruciale di trovare e mettere in salvo l’unico erede rimasto della dinastia Septim. 

Ma la morte del sovrano porterà con sé conseguenze catastrofiche, e i portali per il regno daedrico dell’Oblivion inizieranno ad aprirsi in tutto il continente, minacciando di travolgere tutto ciò che conosciamo.
Intrighi politici, minacce sovrannaturali, e una trama densa di colpi di scena condita, come da tradizione, dalle innumerevoli missioni secondarie e le questline delle iconiche fazioni sparse per Tamriel, che non tarderanno a presentarsi e persino a superare la main quest in termini di scrittura e profondità.

A rendere Oblivion un’esperienza davvero indimenticabile, però, non è solo la sua trama epica ma anche e soprattutto il suo gameplay straordinariamente immersivo, che ci permette di essere chi vogliamo nel modo che preferiamo.
Possiamo così scegliere di vestire i panni di un eroe amato dal popolo oppure quelli di un letale assassino nell’ombra; possiamo diventare un potente mago, comprare una casa e vivere una vita tranquilla, o seguire il richiamo del destino lungo la linea narrativa principale.

Sin dai primi istanti, il gioco ci consegna una totale e piena libertà d’azione, non imponendoci mai una strada da seguire ma lasciando a noi la decisione di cosa fare, come comportarci, che reputazione costruire e come rispondere agli eventi del mondo.
E poi c’è quello “charme” inconfondibile che solo Oblivion possiede: un mix di espressioni facciali bizzarre, animazioni a tratti goffe e linee di dialogo indimenticabili che riescono non solo a strappare un sorriso, ma anche a conferire al gioco un’identità unica.
Un fascino che, per quanto Bethesda abbia cercato di ricreare nei capitoli successivi, non è mai stato davvero replicato, e forse è proprio questa imperfezione a renderlo così speciale.


Più’ di una remastered..

E la remastered riesce a conservare intatto tutto questo, riportando alla luce gli stessi meccanismi che, all’epoca, definirono il concetto stesso di GDR open-world.
Il lavoro svolto è infatti impeccabile, affinando quegli aspetti che potrebbero risultare ostici per i giocatori abituati agli standard qualitativi odierni, ma senza mai compromettere l’essenza stessa di Oblivion.

Una veste grafica rinnovata

Il cambiamento più evidente salta subito agli occhi attraverso l’enorme miglioramento grafico reso possibile dall’utilizzo dell’Unreal Engine 5, sfruttato per ricostruire da zero l’intero comparto visivo con nuove texture, modelli aggiornati e una resa ambientale che valorizza il già eccellente world design dell’originale.
Il risultato è sorprendente e Oblivion Remastered è visivamente spettacolare, tanto da far impallidire persino Skyrim e molti altri titoli AAA moderni.

Certo, i personaggi umani conservano ancora oggi un aspetto talvolta goffo e vagamente innaturale (un tratto che tuttavia richiama fedelmente l’aspetto originale del gioco), ma è nelle ambientazioni e nelle illuminazioni, sia interne che esterne, che si avverte davvero il salto qualitativo più evidente. 

Inutile dire che, come molti avevano previsto già ancora prima delle immagini ufficiali, questo restauro abbia comportato l’inevitabile perdita del quasi irreale verde acceso che contraddistingueva le terre di Cyrodiil.
Una scelta di art design che, come spesso accade in questi casi, ha inevitabilmente diviso la community con alcuni fan storici che l’hanno percepita come un vero e proprio tradimento della visione artistica originale.

A nostro avviso, però, lo studio Virtuos è riuscito a trovare un equilibrio convincente, e se è vero che in condizioni di pioggia o durante le ore serali l’ambiente può apparire meno vivido, nelle giornate di sole il verde dei campi torna a brillare, evocando proprio quelle sensazioni che ci hanno fatto innamorare del gioco in primo luogo.

Inoltre, gli sviluppatori hanno anche migliorato gli ambienti per arricchire l’ecosistema e rendere l’esplorazione ancora più immersiva e realistica.
È il caso, ad esempio, dell’aumentata presenza di fauna selvatica o della totale rivisitazione delle zone montuose, che ora non appaiono più come semplici pendenze lisce ma piuttosto come vere e proprie catene montuose ricche di asperità, percorsi naturali e rocce posizionate con attenzione per favorire un’esplorazione più dinamica.

Un’interfaccia utente pulita e moderna

Il secondo grande intervento riguarda invece l’interfaccia di gioco, con particolare attenzione rivolta all’HUD e al sistema dell’inventario, ora più ordinato e leggibile rispetto all’originale.
Se infatti in passato il menù richiedeva al giocatore un certo periodo di tempo per associare correttamente simboli e sezioni, oggi navigare tra le varie pagine è diventato molto più semplice e immediato, permettendo di trovare rapidamente ciò che si cerca. 

Inoltre, ogni effetto o statistica è descritto in modo più chiaro, grazie anche a una sezione dedicata che spiega nel dettaglio il significato di ogni parametro.
Anche la mappa è stata rinnovata ed è ora a schermo intero, con la possibilità di zoomare avanti e indietro in modo da offrire una visione più dettagliata e funzionale del territorio.
Pur non essendo ancora un sistema perfetto e che in alcuni momenti potrebbe comunque risultare dispersivo per i neofiti della saga, l’interfaccia rappresenta senza dubbio un notevole passo avanti rispetto all’edizione originale, modernizzando un impianto che ormai mostrava inevitabilmente il peso degli anni.

Miglioramenti e nuove dinamiche di gioco

L’aspetto che invece ci ha sorpreso di più, in modo estremamente positivo, riguarda il gameplay, anch’esso oggetto di un accurato lavoro di rifinitura con una serie di aggiunte QoL e modernizzazioni che ormai si sentivano più che necessarie.
Tanto per iniziare, uno dei cambiamenti più evidenti è la nuova telecamera in terza persona completamente riprogrammata da zero, risultando finalmente fluida e reattiva anche durante i combattimenti che, a loro volta, beneficiano di animazioni più moderne e di un sistema di tiro con l’arco che richiama da vicino quello visto in Skyrim (con la possibilità tuttavia di usarlo anche mentre si salta).

Un altro miglioramento particolarmente apprezzabile riguarda invece il movimento del personaggio, dato che ora è possibile correre consumando stamina (sempre similmente al quinto capitolo della serie) in modo da risolvere la lentezza del personaggio tanto criticata nell’originale, riducendo al contempo la dipendenza dal fast travel.
Anche il sistema di progressione è stato rivisto: possiamo far salire di livello il nostro personaggio migliorando le abilità principali, e con ogni passaggio di livello si ottengono punti da distribuire nelle statistiche a nostra scelta.

Delle piccole chicche sono anche riscontrabili in alcune armature nuove di zecca, aggiunte come parte di un pacchetto extra a pagamento per aiutare i neofiti, e di un incantesimo che indica la strada da seguire quando si è in una quest attiva.
Piccoli aiuti, certo, ma che rendono Oblivion giocabile anche per chi ha meno dimestichezza con il genere, e che non rappresentano assolutamente un’opzione obbligatoria per chi invece preferisce avere un’esperienza pura e libera da ogni sentiero prestabilito.

Infine, sono state aggiunte nuove linee di dialogo doppiate per tutti i personaggi non umani, che ora possiedono voci molto più appropriate e credibili pur mantenendo quello stile unico e quasi caricaturale che ha da sempre contraddistinto il gioco.
Come se tutto ciò non bastasse, la remastered include fin da subito e senza costi aggiuntivi anche tutte le espansioni pubblicate per il titolo originale. Un’aggiunta tutt’altro che scontata e che contribuisce a fare di questa riedizione la versione definitiva per chiunque voglia (ri)vivere la leggendaria storia di The Elder Scrolls IV: Oblivion.


..Meno di un remake

Nonostante tutte queste migliorie possano facilmente indurre a pensare che si abbia tra le mani un vero e proprio remake, è necessario purtroppo mettere un freno a questa illusione: The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered rimane, per l’appunto, una remastered. Certo, una delle più curate e generose mai realizzate, arricchita da un comparto tecnico di nuova generazione e da modifiche ben integrate, ma pur sempre legata a doppio filo alla sua origine del 2006.

Il core gameplay che sta alla base dell’intera esperienza resta infatti invariato: è lo stesso che abbiamo imparato ad amare quasi vent’anni fa, con tutti i suoi pregi ma anche con quelle ingenuità e meccaniche superate che oggi possono far sentire il peso del tempo.
Per alcuni sarà sicuramente un ritorno a casa, ma per altri, soprattutto i neofiti, potrebbe risultare un’esperienza decisamente datata e non al passo coi tempi.

I comandi restano rigidi e poco reattivi, e se da un lato tornano quei bug simpatici che hanno segnato le prime esperienze dei fan, dall’altro non mancano problemi ben più gravi, tra cui errori che possono corrompere interamente i salvataggi (sebbene Bethesda sia già al lavoro per risolverli).
Anche la disposizione degli oggetti nelle città e negli interni è rimasta praticamente invariata, inclusi elementi discutibili come finestre che si affacciano direttamente su muri o decorazioni posizionate in modo illogico.

Trattandosi di una remastered, non daremo troppo peso a questi aspetti in fase di valutazione, ma è d’obbligo sottolineare che, per quanto la veste grafica possa trarre in inganno, Oblivion rimane un prodotto della sua epoca. Un gioco invecchiato sorprendentemente bene, sì, ma che potrebbe non incontrare i gusti dei giocatori più giovani o abituati a standard moderni.


L’eredità’ di Oblivion

The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered è, quindi, un’ottima riedizione solida e ben curata che conserva intatto tutto il carisma inconfondibile del gioco originale con anche i suoi limiti strutturali. E se già Skyrim veniva considerato rivoluzionario per l’enorme libertà lasciata al giocatore, Oblivion porta questo concetto all’estremo tanto che, una volta concluso il tutorial, non ci sarà alcun sentiero predefinito da seguire (a differenza del quinto capitolo).

Com’era tipico dei giochi del suo tempo, Oblivion è infatti molto più dispersivo e meno guidato rispetto alle produzioni moderne, offrendo pochissime spiegazioni iniziali sul suo mondo e sulla lore che lo circonda, col rischio però di disorientare chi si avvicina per la prima volta alla saga.
Tuttavia, una volta comprese le meccaniche di base, grazie anche ai molteplici aiuti introdotti con la remastered, viaggiare per Tamriel diventa progressivamente più intuitivo e gratificante.

C’è comunque un aspetto che sentiamo di dover criticare, soprattutto se paragonato al suo successore, ed è la scarsa presenza di eventi significativi durante le fasi di esplorazione dell’open-world.
La mancanza quasi totale di eventi casuali o quest, infatti, riduce sensibilmente il senso di vitalità del mondo di gioco e, al di là di banditi, guardie o pellegrini che si limitano a passeggiare lungo le strade, il world-building fatica a offrire quella profondità che ci si aspetterebbe da un’opera di tale portata.

Tutt’altro discorso, completamente opposto, va invece fatto per le città che risultano sorprendentemente vive e credibili, con NPC in costante movimento e che seguono routine personalizzate, spesso iniziando dialoghi tra loro e commentando gli eventi principali accaduti nel mondo.
Allo stesso modo, ogni località è ricchissima di quest e, se proprio vogliamo proseguire il confronto iniziato prima con Skyrim, è impossibile non notare quanto siano più coinvolgenti e meglio scritte.

Intrighi, investigazioni, bivi narrativi e molteplici finali rendono le missioni secondarie di Oblivion tra le migliori mai apparse in un videogioco, e persino i dungeon presentano un level design vario e stimolante che risulta raramente ripetitivo, seppur talvolta un po’ troppo esteso.
In sintesi, l’esplorazione dei luoghi chiusi risulta l’opposto di quella dell’area aperta, e viene da chiedersi quanto più efficace sarebbe stato il mondo di gioco se l’open-world avesse ricevuto la stessa cura e densità di contenuti delle città.


Un lavoro immersivo frantumato

Nonostante il tono generalmente positivo di questa analisi, siamo costretti a chiudere con una nota dolente tutt’altro che trascurabile. Infatti, come accade fin troppo spesso nei titoli che fanno uso di Unreal Engine 5, anche questa remastered soffre di evidenti problemi di ottimizzazione.
Durante la nostra prova, ci siamo per l’appunto scontrati con frequenti cali di framerate e crash improvvisi che spezzano bruscamente l’immersione faticosamente costruita nel resto dell’esperienza. 

Questi si manifestano soprattutto nelle aree aperte e nei momenti più concitati, quando a schermo sono presenti numerosi nemici o NPC. Mantenere un framerate stabile sui 60 FPS si è rivelato spesso complicato, mentre su sistemi meno performanti anche raggiungere i 30 FPS con le impostazioni al minimo può diventare un’impresa. 

A questi problemi di performance si sommano poi numerosi bug grafici, che spaziano dal mancato caricamento di texture fino a movimenti improvvisi e innaturali del modello del personaggio che, sebbene durino solo pochi istanti e si verifichino soprattutto tra un caricamento e l’altro, risultano comunque invadenti e fastidiosi.
Per alcuni giocatori questi difetti potrebbero rivelarsi marginali e non compromettere in modo significativo il gioco, ma il discorso cambia quando si parla di un framerate talmente instabile da far risultare problematici anche i combattimenti.

È un vero peccato, soprattutto considerando quanto sia affascinante da vedere il mondo di gioco e quanto sia frustrante dover ridurre le impostazioni grafiche solo per riuscire a giocare in modo decente. Speriamo sinceramente che Bethesda e Virtuos riescano a risolvere questi problemi con aggiornamenti futuri, così da rendere l’esperienza finalmente accessibile a tutti.


Ringraziamo Bethesda per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.

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The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered (PC)
IN CONCLUSIONE
The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered è un nostalgico tuffo nella storia del videogioco, un perfetto esempio di come il valore di un’opera non risieda solo nella sua modernità o nella pulizia tecnica ma soprattutto nel cuore e la passione con cui è stata realizzata. Questa riedizione riesce a riportare alla luce una pietra miliare del gaming, rendendola accessibile anche ai giocatori più giovani grazie a una rinnovata veste grafica e a piccoli ma preziosi accorgimenti QoL, lasciando intatto il fascino di quel vasto mondo affascinante come pochi altri. Purtroppo, i pesanti problemi di framerate insieme ai crash frequenti non possono essere ignorati e rischiano di compromettere l’esperienza. Tuttavia, per chi ha amato l’originale o desidera riscoprire uno dei momenti più alti dell’epopea Bethesda, questa remastered resta un viaggio imperdibile, purché si sia disposti a chiudere un occhio, almeno per ora, su una stabilità ancora incerta.
Pregi
Una pietra miliare del gaming riportata in vita con una rinnovata veste grafica
Una remastered impeccabile
Numerosi miglioramenti al gameplay e alla costruzione delle aree open-world
Il carisma e l’anima dell’originale sono stati preservati alla perfezione
Difetti
Il gameplay mostra inevitabilmente la sua età
Framerate instabile e crash ricorrenti
Presenza di bug anche gravi, inclusi problemi ai salvataggi
8.8
Voto