Recensione The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom – Nintendo Switch 2 Edition | Tra cielo e abisso senza più limiti!

Data di uscita
Giugno 5, 2025
Piattaforme
Nintendo Switch 2
Acquista gioco

Uno dei nostri più grandi rammarichi, come redazione, resterà sempre quello di non aver potuto recensire The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom al lancio.
Un’opera complessa, stratificata, che prende tutto ciò che ha reso Breath of the Wild un capolavoro e lo eleva alla massima potenza.

Un titolo che, senza esagerazione, potremmo definire perfetto, che ci ha subito catturati con la sua vertiginosa densità di contenuti e un level design che, ancora una volta, ci ricorda come sia stato proprio The Legend of Zelda a ridefinire i canoni dell’open world.

Un gioco che meriterebbe molto più spazio, e chissà, magari un giorno riusciremo a dedicargli l’approfondimento che gli spetta, esplorandone ogni dettaglio con l’attenzione che merita; ma oggi siamo qui per un altro motivo.

Breath of the Wild, infatti, non poteva restare ovviamente l’unico Zelda su Switch a ricevere una nuova versione dedicata alla console di nuova generazione, e a condividere i riflettori troviamo inevitabilmente anche il suo sequel più discusso, nel bene o nel male, ma ugualmente amato da chiunque si sia perso almeno una volta nell’enorme mappa di Hyrule.

Che siate quindi veterani della saga, curiosi di passaggio o semplici avventurieri in cerca di un buon motivo per tornare, vi invitiamo a seguirci in questa revisione per scoprire se, anche questa volta, Nintendo è riuscita a spingersi oltre i confini del già perfetto con The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom – Nintendo Switch 2 Edition.


Un mondo di infinite possibilità

Se già Breath of the Wild vi era sembrato un progetto coraggioso e rivoluzionario, aspettate solo di vedere come Tears of the Kingdom getta nel calderone una connubio ancora più audace di meccaniche di gameplay innovative, ancora oggi ineguagliate da qualsiasi competitor, e una narrazione sorprendentemente più solida e profonda.
Non è certo la prima volta che assistiamo a un seguito diretto all’interno della saga, basti pensare a ciò che Majora’s Mask fù per Ocarina of Time, ma mai un sequel aveva saputo costruire così tanto e così bene sulle fondamenta del predecessore.

Se la trama di Breath of the Wild era infatti un elemento secondario e troppo frammentata, composta in gran parte da flashback, qui Tears of the Kingdom fa tesoro di quell’enorme lore e dei legami costruiti tra i personaggi per proporre una narrativa più diretta, coesa e, soprattutto, più emozionante.
Una narrazione che riesce però sempre a mantenere intatta quella libertà d’azione che ha reso grande la duologia, ma che si permette di raccontare molto di più attraverso eventi con un focus sul presente e una tensione narrativa che non allenta mai la presa.

Una scena di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom

La mappa, pur essendo alla base la stessa, non dà mai la sensazione di déjà-vu se non nei primi minuti di gioco. Ci troviamo al contrario in una Hyrule rinnovata, viva, in fase di ricostruzione e con novità ad ogni angolo.
Ogni area, ogni città e ogni volto familiare è stato riplasmato dal tempo e dagli eventi, portandoci a esplorare ancora una volta ogni centimetro del mondo con la stessa meraviglia della prima volta, mossi proprio dal voler scoprire cosa e come è cambiato.

Senza contare poi i numerosi misteri disseminati lungo tutto il nefasto cammino che Link dovrà percorrere, con delle rivelazioni e colpi di scena capaci di spiazzare anche i fan più attenti, che vedranno disintegrarsi ogni aspettativa o teoria precedentemente costruita.
Abbiamo così tra le mani una delle trame più avvincenti mai raccontate nella serie, che non fatichiamo a inserire nel podio delle più memorabili dell’intero universo di The Legend of Zelda.

Tears of the Kingdom, però, non si accontenta di essere un semplice “more of the same”. E se a un primo sguardo potrebbe anche sembrare una riproposizione troppo simile a quanto già visto in Breath of the Wild, bastano poche ore di gioco per rendersi conto che siamo davanti a un’evoluzione sotto ogni punto di vista, con il già imponente numero di contenuti praticamente triplicato.

La mappa di gioco, per cominciare, non si limita più alla sola, seppur iconica, Hyrule, ma questa volta la nostra avventura ci porterà anche nei cieli, tra le misteriose rovine fluttuanti degli Zonai, e nelle profondità più remote del sottosuolo, composte da lande oscure prive di qualsiasi fonte di luce e abitate da creature inquietanti che ci faranno accapponare la pelle.

Ogni livello del mondo, che sia cielo, terra o abisso, è ricco di segreti da scoprire, boss da affrontare ed enigmi da risolvere, in un gameplay che riesce a riportare il perfetto sistema esplorativo di Breath of the Wild con l’ingegno e la varietà delle meccaniche più iconiche della saga. Insomma, Tears of the Kingdom punta questa volta a soddisfare ogni tipo di giocatore e, lasciatecelo dire, ci riesce benissimo.

Ma se pensate che le novità finiscano qui, preparatevi: il piatto forte arriva adesso. Se Tears of the Kingdom è tutt’oggi uno dei giochi più impressionanti mai realizzati a livello di meccaniche di gioco, si deve soprattutto alla possibilità di poter manipolare praticamente ogni oggetto nello scenario: tavole di legno, rocce, ruote o ventole, tutto può essere unito, combinato e riassemblato, dove l’unico limite è la vostra fantasia. Se puoi immaginarlo, puoi costruirlo.

E non parliamo solo di ponti o strutture d’appoggio, ma di creazioni complesse e funzionali realizzabili grazie ai congegni Zonai, con cui possiamo realizzare deltaplani, motociclette volanti, veicoli da corsa, piattaforme galleggianti e persino navicelle in perfetto stile Star Wars complete di cannoni laser. Altro che Epona: qui si viaggia su bulldozer made in Hyrule.
Grazie ai nuovi poteri di Link, ogni angolo del mondo è raggiungibile, ogni ostacolo superabile e ogni idea realizzabile, e Tears of the Kingdom trasforma il concetto stesso di open world per renderlo un gigantesco parco giochi in cui è la creatività a dettare le regole.


Una nuova luce su Hyrule

E a questo punto molti di voi potrebbero chiedersi come abbia fatto la prima Switch a far girare un gioco di tali proporzioni, con un’interazione ambientale così vasta e totalmente a disposizione del giocatore. Beh, è stata la stessa domanda che si sono posti anche milioni di utenti Nintendo, mentre si meravigliavano di come la propria console riuscisse a reggere il tutto con prestazioni e una resa visiva persino superiori a quelle di Breath of the Wild.

Certo, qualche inciampo non mancava, e nelle fasi più concitate il framerate a 30FPS poteva far sembrare le azioni come al rallentatore, con alcune aree particolarmente dense che mettevano a dura prova l’hardware. Limiti che oggi diventano solo un distante ricordo sbiadito con la nuova versione per Nintendo Switch 2, permettendo a questo spettacolare capolavoro di esprimere finalmente tutto il proprio potenziale.

Tanto per cominciare, potremo goderci le avventure di Link ora in 1440p nativi su TV, fino ad arrivare a 4K upscalati su schermi compatibili, e in 1080p in modalità portatile, offrendo così un’esperienza visivamente appagante anche per chi vuole giocare fuori casa o comodamente disteso sul letto.
Notate bene che, già al lancio, lo stile grafico in cel-shading di Tears of the Kingdom lo rendeva visivamente piacevole e distintivo anche per gli standard moderni, e a distanza di due anni si tratta di un titolo che comunque riesce a difendersi molto bene; ma oggi, senza più alcuna sgranatura o sfocatura, è ancora più bello da ammirare in ogni suo più piccolo dettaglio.

Ma il miglioramento più evidente, che fa al contempo maggiormente notare la differenza grafica tra le due versioni, riguarda la gestione dell’illuminazione e la vividezza dei colori, ora dotati di un supporto HDR. Gli ambienti appaiono nettamente più nitidi e vivaci, con effetti di luce e ombra molto più naturali che portano a panorami mozzafiato, portandoci ad innamorarci ancora una volta di una Hyrule che non è mai stata così bella.

Questo si nota in particolare nelle sequenze notturne o nelle grotte rischiarate da fioche torce, ma diventa davvero mozzafiato nel sottosuolo dove la scarsa illuminazione interrotta solo da flebili bagliori rende l’esplorazione ancora più inquietante e immersiva, al punto da farci tremare ad ogni passo nell’ignoto.

A completare il quadro ci pensa poi un framerate finalmente fisso a 60FPS, che rende il gameplay non solo più fluido ma anche più responsivo e rapido. A beneficiarne è senza dubbio il ritmo dell’azione, con combattimenti contro boss e orde di nemici che risultano ancora più spettacolari da vedere e cinematografici come mai prima d’ora.
Che si tratti di lanciarvi da un’isola in cielo dritti in una caverna nel sottosuolo alla massima velocità, o di costruire giganteschi Gigabot con decine di componenti mobili, potete stare certi che la vostra Switch 2 non permetterà alcun calo di frame, nemmeno nel famigerato Bosco Perduto né quando spingerete la fisica del gioco al limite con le vostre invenzioni borderline.

Ad accompagnare il tutto ci sono caricamenti praticamente istantanei, così rapidi da non lasciarci nemmeno il tempo di battere le palpebre. È talmente tutto immediato che spesso ci si dimentica persino che un caricamento ci sia stato: planare dalle isole celesti per attraversare ogni zona di Hyrule, scendere negli abissi in pochi secondi o teletrasportarci da un sacrario all’altro in un attimo,  pronti a tornare sui nostri passi per completare tutte quelle missioni secondarie lasciate in sospeso durante la nostra prima visita.


Voci da un altro schermo

La Switch 2 Edition si propone quindi come la versione definitiva di Tears of the Kingdom, ideale sia per chi vuole tornare a esplorare le vaste e stratificate terre di Hyrule che per chi non ha mai avuto occasione di iniziare questo viaggio, ma anche per chi ha lasciato la propria avventura a metà e cercava solo una scusa per riprendere in mano la spada.
Tuttavia, le novità non si fermano al comparto tecnico, e mentre il gameplay in sé è rimasto invariato, a cambiare è qualcosa che… sta nel vostro smartphone. Sì, avete capito bene, questa nuova versione introduce una funzione esclusiva, chiamata Zelda Notes, tramite l’app di Nintendo Switch.

Una scelta sicuramente curiosa, che detta ad alta voce potrebbe anche far ridere, ma che cela in realtà delle potenzialità interessanti.

Collegando il gioco all’app, avrete accesso a diverse funzioni, ma quella più degna di nota è senza dubbio l’icona dei “Ricordi vocali”. Proprio come accadeva con Breath of the Wild, qui troveremo brevi messaggi audio lasciati da tre personaggi: la principessa Zelda, il goffo Maestro Koga e Raul, tutti con il loro rispettivo doppiaggio in italiano.

Questa volta Zelda ci accompagnerà con ben 150 messaggi, Koga con 55 e Raul con solo 35, per un totale di 245. Un numero addirittura maggiore rispetto alla controparte dedicata al capitolo precedente, e con una scrittura più varia e coinvolgente che aggiunge ulteriore profondità alla lore del gioco.
Ogni personaggio avrà un proprio tono unico e sempre qualcosa di diverso da raccontare, con Zelda che mantiene un focus sulla terra di Hyrule, Raul con le sue riflessioni sulla civiltà Zonai del passato, mentre Koga… beh, lui ci regala persino una mini-storia in tre parti e raccontata con la sua solita spigliatezza da antagonista pasticcione.

Alcuni di questi ricordi non saranno facili da trovare, tanto che a noi ce n’è capitato uno che ci ha tenuti impegnati per oltre venti minuti e ci ha richiesto diverse risorse per costruire molteplici mezzi volanti solo per raggiungerlo.
In nostro aiuto arriva anche qui la Naviguida, una sorta di assistente vocale (il cui nome ci piace pensare sia anche un piccolo omaggio a una figura del passato tanto nostalgica quanto… fastidiosa) che ci indica sempre la strada dove andare in base a ciò che cerchiamo.

Tramite questa funzione potremo tenere traccia di nemici ancora da affrontare, sacrari incompleti, quei maledetti semi Korogu e ovviamente anche dei ricordi vocali, così da puntare al completamento totale di quello che è il capitolo più ricco di collezionabili della serie.
La voce sintetizzata scelta per guidarci, che riprende in tutto e per tutto quella di un classico navigatore GPS, potrebbe stonare con l’atmosfera fantasy del gioco, e avremmo sicuramente preferito un’integrazione diretta in-game così da non essere costretti a togliere le cuffie ogni volta che serve ascoltarla, come accade anche per i ricordi vocali.

Insomma, un’aggiunta interessante, ma che avrebbe funzionato meglio se non si fosse appoggiata al nostro smartphone, consumandone inutilmente la batteria mentre stiamo già usando un altro dispositivo.

Diverso invece il caso di una funzione che ha perfettamente senso restare confinata all’app: la possibilità di leggere codici QR per condividere o importare creazioni altrui o per ricevere “scatole oggetto” contenenti fino a dieci item scelti dal giocatore.

La prima opzione, chiaramente la più interessante, ci consente di inviare le nostre “macchine della morte” ad amici e sconosciuti, ma anche di scaricare i veicoli e gli attrezzi più bizzarri visti online per ricrearli in gioco senza la benché minima fatica!
Un’aggiunta perfetta per chi ha sempre sognato di passare un pomeriggio di puro caos con una navicella spaziale che spara laser ad ogni cosa che si muove, ma senza mai aver avuto la pazienza di costruirla da zero, oppure per chi vuole aiutare un amico in difficoltà con un enigma, inviandogli la propria soluzione ingegneristica.

Non mancano poi le statistiche di gioco e gli achievement, che ancora una volta vengono aggiornati solo da un certo update in poi, obbligandovi a ricominciare la partita da capo nel caso voleste collezionare tutte le medaglie.
Fortunatamente, come con Breath of the Wild, è stata aggiunta l’opzione di creare un secondo salvataggio senza dover cancellare quello precedente.. un’opzione che sarebbe stato bello sapere prima di ricominciare tutto da capo qualche mese fa, ma che sarà comunque molto utile a chi ha avuto più pazienza di noi.

Chiudono il pacchetto due piccole aggiunte rappresentate dalla ruota della fortuna, che ogni giorno ci regala un bonus casuale in stile amiibo, e una sezione dedicata proprio alle simpatiche statuette Nintendo che ci premia con bonus dopo cinque utilizzi delle stesse.
Anche in questo caso si tratta di piccole aggiunte, ma che potrebbero essere sufficienti a spingere i più appassionati a rispolverare il vecchio salvataggio o a iniziarne uno nuovo, per scoprire cosa si nasconde tra i nuovi collezionabili e i ricordi vocali sparsi per Hyrule.


Ringraziamo Nintendo per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.

Seguiteci sul nostro sito per altre recensioni e articoli in arrivo nei prossimi giorni.

The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom - Nintendo Switch 2
IN CONCLUSIONE
The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è, e continua ad essere, il capolavoro che si è dimostrato fin dal lancio, un’evoluzione audace costruita sulle fondamenta di un gioco che ha riscritto le regole del mondo open world e che osa spingersi anche oltre, realizzando un’esperienza ancora più ambiziosa e visionaria che pochi ritenevano davvero possibile. Con il pacchetto upgrade su Switch 2, il titolo riesce finalmente a esprimere appieno la visione di Eiji Aonuma con una grafica più pulita, colori vibranti e una fluidità che non scende mai sotto i 60FPS, restituendo un’avventura ancora più godibile e reattiva. I nuovi contenuti extra legati alle Zelda Notes sono un’aggiunta piacevole, ben più ricca e funzionale rispetto all’equivalente in Breath of the Wild, e nemmeno il rammarico per la loro scomoda gestione basta a scalfire il valore di un titolo che possiamo definire, senza esitazioni, semplicemente perfetto.
Pregi
Un capolavoro assoluto, ora più fluido e rifinito che mai
Esplorare il sottosuolo non è mai stato così immersivo e inquietante
Gameplay rapidissimo e reattivo grazie ai 60FPS stabili
Tempi di caricamento praticamente nulli
La condivisione delle creazioni tramite QR Code amplia enormemente le possibilità
Difetti
Le Zelda Notes offrono meccaniche interessanti, ma l’uso tramite app le rende meno pratiche
10
Voto