Peter Douglas Molyneux, questo nome dirà poco ai videogiocatori moderni, ma in un’epoca in cui i lavoratori dell’industria videoludica erano tutti (o quasi) pressoché sconosciuti, rappresentava una figura mitica, a metà strada tra un visionario e un venditore di sogni. In un’epoca in cui gli sviluppatori di videogiochi erano perlopiù sconosciuti al grande pubblico — incluso un allora semi-sconosciuto Hideo Kojima — Molyneux spiccava come uno dei pochi autori capaci di accendere l’immaginazione della stampa specializzata, cioè l’unico modo in cui il pubblico poteva venir raggiunto, dato che internet era ancora un lusso per pochi.
Con dichiarazioni roboanti, promesse rivoluzionarie e visioni al limite del profetico – che si rivelavano molto spesso essere delle cazzate gigantesche– Molyneux riusciva a costruire attorno ai suoi progetti un’aura quasi mistica. Non di rado parlava dei suoi giochi come esperienze senza precedenti, capaci di cambiare per sempre il modo in cui interagiamo con i mondi digitali. A volte questo corrispondeva a effettiva realtà, e nessun giocatore degno di questo nome può negare l’impatto sull’industria di Syndicate, Populous, Dungeon Keeper o Theme Park. Giochi che nonostante l’immensa portata innovativa uscivano senza le esageratissime meccaniche di gioco promesse da Molyneux. Un esempio su tutti ? Nel primo Fable ,secondo il buon Peter, avremmo avuto la capacità di modificare il mondo di gioco a un tale livello di profondità che, incidendo le nostre iniziali su un qualsiasi albero, quelle sarebbero state ancora sul tronco dopo dieci anni (in tempo di gioco).

Ovviamente, un tale livello di sparate, unito al fatto che Molyneux puntasse effettivamente a obiettivi altissimi nelle sue produzioni, condusse a una serie infinita di fallimenti, con titoli che uscirono ma ebbero risultati disastrosi come The Movies , che infatti può essere ricordato come il momento storico in cui la fiducia dei consumatori nei confronti del creativo cominciò veramente a scricchiolare . Molti altri progetti, invece, vennero accantonati nonostante l’immenso potenziale. Tra questi: The Indestructibles, Project Milo, e B.C., con gli ultimi due addirittura dichiarati come titoli di punta Microsoft per l‘Xbox 360 e il suo Kinect. Eppure, se deciderete di informarvi più approfonditamente su qualsiasi gioco cancellato in cui il presidente della Lionhead Studios ha messo lo zampino (e la lingua), non potrete che stupirvi delle idee avanguardiste che muovevano il lavoro del Cavaliere Francese – no, non è una delle sue menzogne, ed è anche stato insignito come ufficiale inglese dell’ OBE– e di come esse, a distanza di decenni, siano ancora in grado di stimolare la fantasia di qualunque videogiocatore.
Oggi, infatti, il settore è in mano a un esercito di grigi contabili e dirigenti dal pensiero corto, più interessati a inseguire guadagni (secondo loro) sicuri che a rischiare sull’originalità. l’utente viene spesso trattato come un semplice “pollo da spennare”, ridotto come semplice acquirente di microtransazioni, season pass inutili e contenuti cosmetici, mentre le idee davvero coraggiose vengono soffocate in favore di trend effimeri e formule che hanno già stancato il pubblico. In questo panorama, il ricordo delle follie creative (e a volte irrealizzabili) di Molyneux spicca come un monito e un’ispirazione: meglio fallire tentando qualcosa di incredibilmente folle e nuovo che arricchirsi riciclando l’ennesimo GAAS senza anima.
UN MONDO PERFETTO NON AVREBBE BISOGNO DI UN DIO…
Insomma, c’è stato sempre un minimo di débâcle nei successi di Molyneux, così come c’è sempre stato un tocco di genialità nei suoi spettacolari fallimenti, yin e yang , nero e bianco, potremmo dire parafrasando il titolo di cui parleremo più approfonditamente in questo episodio di Uno Sguardo Al Passato. Uscito nel 2001, Black & White è forse la summa e il pinnacolo della carriera di Peter, un gioco che per tantissimo tempo è stato preso ad esempio di quanto il pc gaming stesse diventando maturo e avanguardista, salvo essere stato poi praticamente dimenticato nel limbo dell’abandonware, principalmente per ragioni di licenze.

Black & White rappresenta un’evoluzione estrema del concetto stesso di god game, genere inventato con Populous proprio da Bullfrog Studios, manco a dirlo sotto la guida di Peter Molyneux. E a dirla tutta, sebbene i godlike simulator continuino a uscire anche oggi, questo titolo e il suo seguito rappresentano il pinnacolo raggiunto dal genere sia dal punto di vista tecnico che a livello artistico/concettuale. Quello che in primis stupisce persino nel 2025 è la profondità e innovazione del lato sandbox di questo videogioco, probabilmente uno dei primi a fregiarsi di meccaniche di questo tipo.
Si perché in Black & White potrete modificare letteralmente il mondo di gioco in tantissimi modi diversi, a partire dai Miracoli, ossia dagli incantesimi a vostra disposizione. Una classica palla di fuoco (o un fulmine) può ridurre in cenere foreste e villaggi, mentre il Miracolo della Pioggia fa crescere campi di grano e alberi rigogliosi nel giro di pochi istanti. Esistono anche incantesimi più elaborati, capaci di evocare boschi incantati , greggi di animali da pascolo e branchi di bestie feroci, trasformando la mappa in una giungla. Non mancano poi terremoti devastanti o persino piogge di meteoriti che trasformano radicalmente l’aspetto della mappa. Presenti, infine, anche Miracoli “pacifici”, in grado di sollevare o abbassare il livello del terreno senza danni, permettendo al giocatore di plasmare fisicamente il mondo secondo la propria volontà e di creare montagne, piane o paludi.

Queste spell non sono gratuite: certo, possono essere trovate nel mondo di gioco sotto forma di bolle magiche a uso singolo, oppure ottenute da appositi distributori a tempo. Ma, per lanciarne uno nell’esatto momento in cui vi serve è necessario spendere fede, una risorsa divina che può essere accumulata in vari modi. I più comuni prevedono che i fedeli preghino nel Tempio, ma non mancano pratiche più oscure, come il sacrificio di esseri viventi, inclusi cadaveri o perfino piante, sull’altare sacro. Dopotutto, che dio saremmo senza devoti pronti a offrirsi spontaneamente (o meno) al nostro volere?
Le terre di Black & White sono abitate da diversi gruppi culturali ed etnici – tra cui greci, celti, nativi americani, giapponesi, olandesi e altri ancora – ciascuno caratterizzato da un’estetica unica. Queste differenze non si limitano solo all’aspetto degli edifici o dei mortali, ma si estendono anche agli elementi ambientali circostanti i villaggi: cambiano infatti gli animali da pascolo, la vegetazione, la tipologia di alberi e persino la disposizione degli insediamenti, contribuendo a rendere ogni area del mondo di gioco profondamente diversa e riconoscibile.
Queste civiltà inizieranno la loro esistenza in semplici insediamenti rurali, ma con il nostro intervento, una buona dose di risorse e una certa pazienza, questi potranno evolversi fino a diventare vere e proprie megalopoli, modificando così il mondo di gioco in modo ancora diverso. Ovviamente, tutto questo sarà possibile solo a patto di soddisfare le esigenze dei cittadini, che ci verranno segnalate tramite bandiere visibili sopra gli edifici. Le richieste potranno riguardare risorse di base (cibo e legname), infrastrutture (abitazioni o strutture specializzate, come asili), desiderio di crescita demografica, oppure di protezione da eventi naturali o soprannaturali.

Il modo in cui ci relazioneremo sia ai nostri seguaci, sia agli abitanti degli altri villaggi – che potranno essere atei o sotto l’influenza di altre divinità – determinerà il nostro allineamento morale. Potremo rimanere neutrali, oppure trasformarci in divinità benevole o spietate. Il sistema ci consente di oscillare liberamente tra i poli del bene assoluto e del male più puro, e le popolazioni reagiranno di conseguenza: con amore e devozione nel caso di un dio misericordioso, oppure con paura e terrore se sceglieremo la via della tirannia, il risultato comunque sarà sempre lo stesso , cioè la conquista.
I nostri comportamenti influenzeranno l’aspetto estetico e sonoro del territorio: una divinità malvagia vedrà i propri domini diventare oscuri e minacciosi, mentre un dio buono vivrà in un ambiente luminoso, rigoglioso e armonioso. Se sceglierete la via del male, sarete accompagnati da lamenti inquietanti, musiche tetre e continui stormi di pipistrelli che solcano cieli plumbei infestando le vostre terre.

Persino il Tempio – la nostra base operativa – e il nostro avatar divino reagiranno visivamente alle nostre scelte morali. L’orientamento delle nostre azioni li trasformerà: potranno diventare candidi e immacolati oppure oscuri, rattrappiti, adunchi e intrisi di rosso sangue. Molto interessante anche la meccanica per cui la nostra chiesa crescerà in altezza e in ampiezza in base alla nostra influenza sul territorio, rappresentata da confini colorati (associati al nostro allineamento) ben visibili dall’alto, riducendo lo zoom al minimo sulla mappa di gioco.
Nonostante il nostro status di divinità, il potere effettivo che possiamo esercitare è limitato alla nostra area d’influenza. È possibile uscire leggermente oltre il confine per compiere azioni per qualche secondo, ma l’unico modo per espandere il nostro dominio è far crescere la popolazione dei nostri villaggi o conquistarne di nuovi.
Ma al di là del lancio di Miracoli… come ci si rapporta con i mortali?
Semplice: il nostro avatar prende la forma di un cursore a forma di mano, tramite il quale possiamo compiere una vasta gamma di azioni contestuali, utilizzando il tasto sinistro e destro del mouse e diversi tipi di movimenti o trascinamenti, a seconda dell’oggetto o della creatura con cui stiamo interagendo. Oltre a spostare oggetti inanimati, possiamo afferrare direttamente gli abitanti e assegnare loro compiti specifici, trasformandoli in Discepoli, incaricati di svolgere un lavoro per tutta la vita (che, va detto, è piuttosto breve… a meno che non intervenga un Miracolo a prolungarla artificialmente).

Esistono diverse professioni per i discepoli: coltivatore, pescatore, taglialegna, artigiano e persino… allevatore. Ma attenzione: il termine non si riferisce alla zootecnia. Gli allevatori, infatti, sono incaricati di fornicare attivamente per aumentare la popolazione del villaggio. Le donne, tra un parto e l’altro, avranno un periodo di riposo prima di tornare al lavoro, mentre i maschi… beh, continueranno a ingravidare ogni essere femminile che incroceranno. Alla faccia della famiglia tradizionale.
Molte delle nostre azioni, dunque, avranno un impatto diretto sui mortali, spesso in modo intenzionale, ma non sempre. Chiunque abbia giocato abbastanza a Black & White saprà quante volte ci è capitato di sollevare un enorme masso per spostarlo… solo per lasciarlo accidentalmente cadere sul tetto di una casa, o di lanciare una palla di fuoco con una traiettoria sbagliata e finire per radere al suolo una parte consistente di un nostro villaggio. Innumerevoli.
Ovviamente, Black & White non si limita a premiare solo le azioni malvagie – sì, anche quelle involontarie vengono conteggiate come tali – che generano fede attraverso il terrore. È possibile ottenere devozione anche attraverso comportamenti benevoli. Riempite i granai dei villaggi nemici (utilizzando un Miracolo oppure semplicemente prendendo animali o sacchi di grano e lanciandoli sull’edificio), e conquisterete l’amore dei paesani. Un Miracolo di Guarigione, poi, avrà un impatto ancora più diretto e immediato. Continuate a ripetere queste azioni in villaggi che non sono ancora sotto il vostro controllo, e lentamente guadagnerete l’accesso alle menti e ai cuori dei loro abitanti.

Esistono anche numerose combinazioni strategiche che vi permetteranno di mantenere una linea più neutrale, né del tutto buona né interamente malvagia. Una delle più utili consiste nel creare Discepoli Missionari o Mercanti e inviarli al di fuori del vostro territorio. I primi predicheranno la fede nel vostro nome e conquisteranno i villaggi avversari in modo passivo – in perfetto stile WOLOLO, per capirci – mentre i secondi, pur generando meno fede, si occuperanno di commerciare risorse richieste nei villaggi d’origine.
Le strategie di conquista sono tantissime, e alcune decisamente… creative. Una delle più fantasiose che ci è capitato di sperimentare nelle nostre numerose partite consisteva nel raccogliere rari funghi velenosi, depositarli di nascosto nel granaio di un villaggio avversario, lasciare che la popolazione venisse decimata dalla contaminazione e, infine, ordinare ai nostri seguaci di occupare il centro abitato, dopo aver ripulito il cibo avariato. Il gioco, dal canto suo, registrerà solo il piccolo gesto di donare una modesta quantità di cibo, e lo interpreterà come positivo, senza cogliere le reali intenzioni dietro l’azione.
Come già accennato, l’unico vero limite che Black & White poneva nel lontano 2001 era quello della vostra fantasia. E in un mondo dove tutto è permesso, spesso i piani più geniali nascono proprio dalla sottile linea tra il bene e il male.
LA CREATURA
Altra innovazione decisamente avanti per il 2001 risiede nell’intelligenza artificiale: Black & White è stato uno dei primissimi titoli a proporre una IA avanzata e dinamica . Già nelle prime ore di gioco ci viene chiesto di scegliere una tra tre Creature: esseri che fungeranno contemporaneamente da aiutanti, animali da compagnia virtuali e rappresentazioni viventi della nostra volontà divina agli occhi dei mortali. Immortali tanto quanto noi (possiamo morire solamente se viene distrutto il nostro Tempio) , ognuna delle tre bestie presenta caratteristiche fisiche, mentali e caratteriali completamente diverse e renderanno unico il compito di educarle. Si perchè la Creatura impara dalle nostre azioni e si comporta in base a come viene educata.

Se sceglierete la Scimmia, avrete al vostro fianco un compagno estremamente intelligente, capace di apprendere molto velocemente qualsiasi azione vogliate insegnargli: dal lancio dei Miracoli più potenti… fino al concetto di “lettiera”. Insegnarle a defecare sui campi anziché sui paesani porterà infatti immensi benefici allo sviluppo agricolo del vostro villaggio.
La Mucca, invece, sarà meno brillante dal punto di vista cognitivo, ma molto più amichevole e affettuosa nei confronti dei mortali e delle altre creature. Questo la rende perfetta per chi desidera mantenere l’ordine: sarà molto più facile evitare che si diverta a lanciare la gente in giro o a tirare rocce sui tetti delle case, almeno rispetto ad altre opzioni.
La Tigre, infine, è la scelta ideale per i conquistatori spietati: una creatura forte nei combattimenti, perfetta per affrontare le bestie delle divinità rivali. Tuttavia, è anche estremamente aggressiva e incline a comportamenti sadici e distruttivi.
Naturalmente, queste sono solo le inclinazioni di partenza del vostro animaletto. Potrete, con il tempo e la pazienza, modificare il suo comportamento con un sistema educativo a base di premi e punizioni: carezze e giocattoli per i comportamenti corretti, schiaffi ben assestati per quelli indesiderati, unica meccanica che non si presenta benissimo nel nostro periodo. Avremo a disposizione tre guinzagli dalla lunghezza infinita, che stimolano diversi tipi di comportamento. Legate la vostra bestia con quello normale di corda e insegnargli i Miracoli e le azioni complesse sarà estremamente più facile, usate quello colorato che stimola la bontà e anche il vostro tigrotto, dopo qualche ”incidente” preferirà il grano o il pesce alla carne umana, usate il guinzaglio bondage e con il tempo persino la Mucca diventerà una macchina da guerra meschina e cattiva.

Una volta che la vostra Creatura sarà cresciuta – mentalmente, ma anche in altezza e stazza – diventerà un compagno completamente autonomo, capace di adattarsi alle situazioni e sviluppare una psicologia complessa e unica. Anche l’aspetto fisico sarà modellabile in base a diversi fattori: la quantità di cibo che consuma, l’attività fisica che svolge abitualmente, l’allineamento morale, le ferite di battaglia e persino le vostre punizioni, che lasceranno cicatrici permanenti sul suo corpo.
Da questo punto di vista, l’esperienza offerta da Black & White è davvero mind-blowing, se si pensa che parliamo di un gioco del 2001: la componente comportamentale della Creatura è così profonda da dare origine a situazioni imprevedibili e spesso memorabili. In alcune partite, abbiamo visto Creature imparare la nostra tattica del fungo velenoso semplicemente osservandoci, e reinterpretarla in modo creativo, ad esempio defecando direttamente nei granai nemici per contaminarne il cibo.
Altre hanno sviluppato comportamenti apparentemente altruistici ma inquietanti, come lanciare i cadaveri in mare nei villaggi privi di cimitero, così da evitare che i paesani perdessero troppo tempo nel lutto interrompendo le attività produttive (dato che in Black & White il camposanto serve proprio a contenere e gestire il dolore collettivo per i defunti).

Probabilmente, però, l’esperienza più disturbante ci è capitata guardando un gameplay su YouTube: una Creatura talmente malvagia e abituata alle punizioni da aver completamente invertito il suo sistema di apprendimento. In pratica, aveva iniziato a provare piacere nel ricevere botte, trasformando il castigo in un gesto gratificante.
NON SOLO MECCANICHE RIVOLUZIONARIE: LA NARRAZIONE DI BLACK & WHITE
Ma Black & White non si limita ad offrire un gameplay che ancora oggi rappresenta qualcosa di unico e di irripetibile e delle modalità Skirmish in singolo o multigiocatore, è presente persino una stupenda campagna in single player. Tutto ha inizio con un ragazzino rischia di essere divorato dagli squali, e le disperate preghiere dei suoi genitori evocano qualcosa da un piano astrale ignoto, portandolo sul mondo di gioco. A quanto pare il desiderio si dimostra talmente profondo e puro da dare vita a un’immateriale divinità cioè noi, e una volta salvato il bambino verremo accolti come numi protettori del villaggio.
Da qui in poi si sviluppa una trama semplice ma funzionale, che nel corso del primo atto ci vedrà acquisire la nostra Creatura e imparare le basi del gioco. Dopo un primo periodo relativamente tranquillo, ci troveremo ad affrontare una divinità immensamente più potente, il cui obiettivo è diventare l’unico vero Dio. Di fronte a una minaccia così schiacciante, saremo costretti a fuggire, portando con noi quante più risorse e fedeli possibile, attraverso un portale dimensionale che ci condurrà in un’altra isola. Da quel momento inizierà una storia di rivalsa epica, che si articolerà attraverso cinque territori, ognuno con sfide, popolazioni e ambienti differenti.
Intendiamoci, la trama non è nulla di rivoluzionario, la narrazione di Black & White, pur rimanendo essenziale dal punto di vista strutturale, è resa indimenticabile grazie al tono ironicamente divino che pervade l’intero gioco attraverso quest secondarie e missioni segrete difficilissime – spesso perché buggate o proprio studiate male- ma memorabili.
Tutta la satira tagliente british tipica dei titoli dei Bullfrog Studios e, per l’appunto dei loro diretti discendenti (che abbiamo apprezzato in dozzine di titoli, alcuni usciti anche negli scorsi mesi ) si manifesta proprio nei dialoghi e nelle microstorie dei popolani, che diventano protagonisti di quest improbabili, come quella dei marinai naufraghi sull’isola iniziale o dell’immortale megalomane del secondo mondo, sempre pronto a sfidare il nostro potere. Questo tipo di umorismo, così ben integrato nel gameplay e nella costruzione del mondo, è ciò che ancora oggi rende Black & White una perla videoludica senza eguali, capace di fondere in modo unico divinità e comicità, simulazione e parodia.
Ma ciò che riesce persino a vent’anni di distanza a dare davvero vita a questo mondo sono i personaggi secondari e gli NPC, caratterizzati con uno stile brillante e irresistibilmente comico. I doppiaggi, in un’epoca in cui era davvero difficile trovare un gioco così di nicchia in italiano, qui raggiungono livelli altissimi: Oltre alla nostra coscienza, rappresentata da due caricature di un angelo e un diavolo, ogni personaggio secondario e ogni abitante reagisce a seconda del proprio stato d’animo, passando dall’idolatria più devota alle grida di pietà, spesso accompagnati da voci dialettali di ogni provenienza assolutamente spassose.
SEZIONE TECNICA
Sul piano tecnico, Black & White oggi può apparire come un gioco visivamente povero, con texture spoglie, modelli poligonali semplificati. Tuttavia, va ricordato che parliamo di un titolo uscito nel 2001: sono passati 24 anni, e all’epoca ciò che Lionhead Studios riuscì a realizzare era, sotto molti aspetti, sbalorditivo. Il motore grafico proprietario consentiva una gestione fluida della visuale – con uno zoom continuo che andava dall’osservazione panoramica del mondo fino al dettaglio sui singoli abitanti – e supportava un’intelligenza artificiale dinamica che ancora oggi viene citata come uno dei traguardi più ambiziosi mai tentati nella storia del videogioco. Le animazioni della Creatura, che reagiva emotivamente e fisicamente a ogni nostra azione, erano sorprendentemente espressive per l’epoca. Inoltre, il gioco includeva transizioni ambientali, effetti meteorologici, e una gestione del territorio deformabile in tempo reale: tutte caratteristiche quasi impensabili su larga scala in quegli anni.

A tutto questo si aggiungono le numerose variazioni di modelli e texture per uno stesso tipo di elemento – che si tratti di piante, animali, edifici o magie – oggi forse invecchiate esteticamente, ma che all’epoca rappresentavano una ricchezza visiva sorprendente. Vedere il mondo cambiare aspetto in base alla cultura dei villaggi o al nostro allineamento morale contribuiva a dare un senso di varietà e coerenza artistica davvero notevole per i primi anni 2000.
Notevolissimo, e decisamente all’avanguardia per l’epoca (sebbene non privo di difetti, soprattutto nella gestione dei Miracoli), era l’HUD estremamente minimale – praticamente assente – affiancato da un sistema di controlli basato interamente su gesti del mouse, integrati con alcune scorciatoie da tastiera. Una scelta audace, pensata per esaltare l’immersività e il senso di onnipotenza del giocatore, che però richiedeva una certa curva di apprendimento e non sempre garantiva la precisione necessaria nei momenti più concitati dell’azione.
A colpire era anche l’attenzione al dettaglio sul fronte audio: Black & White offriva un numero impressionante di effetti sonori ottimamente registrati, che rendevano ogni interazione più viva e concreta. Ma il vero gioiello era la colonna sonora dinamica, in grado di adattarsi al nostro stile di gioco: rilassante e meditativa per le divinità neutrali o benevole, e via via sempre più dissonante, sinistra e disturbante man mano che abbracciavamo la via del male. Un sistema semplice ma estremamente efficace nel rafforzare il tono delle nostre scelte, rendendo l’esperienza ancora più immersiva.
UN GIOCO PERFETTO?
Assolutamente no, come abbiamo detto in apertura a questo editoriale, ogni successo di Peter Molyneux è stato comunque costellato da critiche, e Black & White non fa eccezione. Nonostante l’originalità e l’enorme ambizione che lo contraddistingue, il titolo Lionhead non è mai stato un gioco privo di difetti. Già al momento del lancio, nel 2001, era evidente quanto il titolo fosse acerbo sotto diversi aspetti tecnici. I bug erano frequenti superati la prima isola, i salvataggi lunghi e instabili, e il sistema di gestione dei file poteva generare corruzioni o comportamenti imprevisti, come abbiamo provato in prima persona quando abbiamo ripreso in mano il titolo per fare quest’articolo . Anche i comandi gestuali con il mouse, sebbene affascinanti sulla carta, risultavano spesso imprecisi o frustranti, soprattutto quando bisognava lanciare miracoli in situazioni concitate o compiere gesti complessi con precisione millimetrica. A lungo andare, il gameplay tendeva a mostrare i suoi limiti: l’interazione con i villaggi diventava ripetitiva, tra micromanagement, pochi tipi di edifici, contenuti tagliati (come il lavoro di Discepolo Pastore, presente come script ma non attivabile manualmente ) e richieste che diventavano via via sempre più difficili e assurde. E anche l’addestramento della Creatura, per quanto brillante in teoria, poteva diventare noioso o inefficace se il sistema di apprendimento decideva di comportarsi in modo incoerente. Spendere ore per insegnare il miracolo del Megablast al nostro companion e poi vedere il contatore che ripartiva da zero per un errore non era assolutamente piacevole.

Sul piano del design morale, poi, emergevano delle sproporzioni evidenti: seguire l’allineamento buono era spesso più gratificante sul lungo termine, ma era davvero difficile riuscire a mantenere la retta via, una volta intrapresa la strada del male (che si rivelava più immediata) diventava praticamente impossibile a livello statistico ritornare buoni. Due strade dal sapore molto diverso, ma non sempre bilanciate in termini di sfida o soddisfazione. Infine, col passare del tempo, la progressione nelle isole successive finiva per diventare prevedibile, con poche variazioni reali sul tema e obiettivi ripetitivi che non sempre ripagavano la creatività iniziale.
Eppure, nonostante tutti i suoi limiti, è proprio grazie al coraggio di tentare l’impossibile che Black & White resta ancora oggi una pietra miliare del mondo videoludico, e con ogni probabilità la vera e propria opus magna di Peter Molyneux. I suoi difetti, anziché sminuirne il valore, sottolineano quanto fosse in anticipo sui tempi. Progetto forse troppo ambizioso per l’hardware e gli standard tecnici dell’epoca, si tratta di uno di quei rari titoli che meriterebbero davvero una remastered ben fatta, correggendo i suoi punti critici e arricchendone i contenuti, ma fedele al cuore dell’esperienza originale.
Un’opera che, ancora oggi, avrebbe molto da insegnare a tanti sviluppatori moderni, sia in termini di design visionario che di interazione creativa col giocatore. Se quest’articolo vi ha incuriosito e siete disposti a chiudere un occhio sui difetti tecnici del passato, sappiate che il gioco può essere scaricato gratuitamente e aggiornato grazie alle patch della community, risultando perfettamente giocabile -ma attenti ai salvataggi- sulle macchine più recenti. Un piccolo tuffo nel passato che potrebbe rivelarsi un’esperienza incredibile, paragonato alle molte uscite contemporanee.
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