Il titolo di cui parleremo oggi è un horror indipendente che ha catturato il nostro interesse ormai diversi anni fa.
Sebbene il nostro entusiasmo nei confronti della potenziale immersione offerta dalla sua ambientazione al limite fra il gotico ed il moderno si sia rivelato in parte ben riposto, non possiamo che considerarci delusi da un titolo che sembra aggrapparsi al passato del genere, perdendo più volte di vista la propria identità.

Sarà riuscito Unholy a rivelarsi un titolo soddisfacente nonostante le debolezze delle sue fondamenta? Scopriamolo in questa recensione!


L’incipit

L’incipit di Unholy appare come un particolare miscuglio fra ciò che potremmo considerare stantio e ciò che potrebbe rivelarsi tutto sommato interessante.
Interpreteremo infatti il ruolo di una giovane madre in cerca del proprio figlio rapito da un culto estremamente pericoloso.

A prima vista, questo incipit ricorda estremamente da vicino quello del primissimo Silent Hill, con cui condivide diverse altre risorse narrative che vengono però sviluppate in maniera marginalmente differente rispetto al suo riferimento.


Innanzitutto, il concetto di culto è notevolmente ridimensionato nell’opera di Hook, divenendo una sorta di gigantesca società esoterica caratterizzata dalla totale dipendenza dal profeta e i suoi più stretti sacerdoti.
Stringendo nuovamente l’occhio a Silent Hill, questo culto verrà instituito in una dimensione parallela rispetto a quella della nostra protagonista, che verrà tuttavia coinvolta e trasportata al suo interno attraverso l’utilizzo di alcune magie oscure tramandate dalla sua famiglia.

La dimensione del culto è il frutto delle coscienze collettive dei suoi abitanti nonché fedeli che, al seguito della morte del profeta, non hanno potuto fare a meno di cedere al panico lasciando che la loro disperazione si manifestasse sotto forma di una terribile e mostruosa piaga.

La trama e le sue forzature

Se da un lato l’esplorazione del culto e della sua lore sono risultati più intriganti e soddisfacenti del previsto, l’utilizzo assolutamente sfacciato di strumenti narrativi magici per giustificare le azioni della protagonista, tecnicamente estranea ai meccanismi di questo mondo, evidenziano una trama abbastanza incongruente nonché vittima di sviluppi eccessivamente forzati.

I personaggi secondari, uno dei difetti più grandi di questo comparto narrativo, appaiono sulla strada della protagonista trasmettendo un certo grado di arroganza, solo per sparire poco dopo senza un qualsivoglia sviluppo.

Ad esempio, l’anziana balia, un personaggio legato all’infanzia ormai dimenticata della nostra protagonista, cerca di guidarla costantemente durante l’avventura sottolineando attraverso i dialoghi l’austerità della narrazione, fallendo tuttavia ad immergere ed interessare il giocatore.

L’unica sensazione a conti fatti è un certo distacco emotivo nei confronti delle vicende della protagonista, che prima fra tutti non sembra reagire in maniera convincente alle sue sventure, sciacquando di ogni profondità scenica i momenti più importanti.

In conclusione, la trama di Unholy è un elemento chiave della produzione ed in quanto tale il team sembra averci lavorato a lungo senza però riuscire a costruire qualcosa di realmente profondo ed interessante.


Gameplay

Quando si tratta di distinguersi dalla massa ricercando una formula di gameplay originale, è importante accertarsi della validità delle proprie intuizioni ed è proprio in questo che Unholy non si dimostra affatto all’altezza.
Quello che in principio avrebbe potuto essere un “walking-simulator” sulla scia di tanti altri giochi horror che puntano totalmente sull’atmosfera, si è rivelato invece un mix fra un action stealth ed un puzzle game dagli enigmi visti e rivisti.

Per quanto concerne la parte action, avremo il compito di scappare, possibilmente (e quasi obbligatoriamente) senza farci vedere da nemici umani e mostruosi che infestano la dimensione del culto.
A nostra disposizione avremo la fionda giocattolo di nostro figlio, equipaggiata di “proiettili emozionali” di vario genere, strumenti utili, in alcune occasioni, a coprire le nostre tracce durante gli inseguimenti ed a proseguire nelle sezioni della mappa infestate dalla piaga.
Strettamente legata a questa meccanica è la raccolta dei proiettili attraverso l’esplorazione degli ambienti, davvero generosa sicché molto difficilmente resteremo a secco.

Il problema principale dello stealth applicato ad Unholy emerge sin dal primo contatto con questa meccanica, laddove basterà farci colpire una volta dal nemico per rimanere stunnati e vulnerabili ad un secondo colpo mortale. La frustrazione di queste sezioni non può che gonfiarsi quando verremo costretti a fronteggiare degli enigmi poco ispirati, che vanno dalla semplice ricerca di un codice per l’apertura di un lucchetto fino al classico giro di pedana per far combaciare le forme di un medaglione.

Frustrazione resa ancor più grande dall’impossibilità di uccidere il nemico con i propri strumenti, venendo costretti ad utilizzare alcuni espedienti ambientali e rendendo le fasi action una sorta di acchiapparella sbilanciata che ibrida la fuga alla necessità di ingannare un’AI fin troppo propensa al bug e all’imprecisione nelle reazioni ai nostri sforzi.

Questo tipo di interazione ambientale, quando viene forzata in un gioco che dovrebbe fare dell’immersione offerta dal suo contesto metanarrativo ed artistico il suo punto di forza, risulta non solo mal riposta ma persino controproducente.
Non possiamo nascondervi che la stessa meccanica dei proiettili emozionali e della fionda magica di nostro figlio ci è sembrata abbastanza fuori contesto, causando persino una certa ilarità nelle fasi di introduzione di quest’ultima.

Altra meccanica fondamentale ma altrettanto poco sviluppata è quella dei potenziamenti, saremo infatti in grado di acquisire dei bonus e delle particolari abilità (ad esempio la scivolata) in cambio di talenti raccolti nel corso dell’avventura. Sfortunatamente dopo appena 3 ore di gioco quasi la totalità dell’albero della abilità risultava sbloccato, sottolineando la scarsa profondità di questo sistema.

Infine, le maschere rappresentano ancora una volta una meccanica sprecata, permettendoci di esaminare la posizione degli elementi interagibili all’interno dello scenario e, più avanti nel gioco, di applicare un minimo di strategia nell’evitare le ronde dei nemici che potremo avvistare attraverso le pareti.
Per quanto possano presentarsi entrambe come meccaniche utili, è un peccato che il gioco non sia riuscito neppure in questo caso a formulare qualcosa di davvero originale e divertente.

In sostanza il gameplay di Unholy è il frutto di un mix di idee non adatte al suo contesto creativo, minate ulteriormente da una realizzazione estremamente grezza (ed in alcuni casi giustificata data la natura indie del progetto) che caratterizza molte opere di questo genere.


Comparto artistico

Se c’è un aspetto di Unholy che ci ha soddisfatto più degli altri, questo è senza dubbio il lavoro svolto dal team nel realizzare un mondo di gioco dall’estetica accattivante ed a tratti davvero ispirata.
L’ibridazione di elementi gotici con quelli moderni è riuscita piuttosto bene, mantenendo anche un buon contrasto nelle fasi che amplificano questo distacco attraverso l’oscillazione fra le due dimensioni vissute dalla protagonista.

La ricorrenza di alcuni elementi artistici come ad esempio le maschere, garantisce al gioco la possibilità di creare una propria e riconoscibile identità estetica, che è riuscita a più riprese a convincerci pienamente.
Non è per tanto un caso che l’intero sviluppo di questo videogioco sia partito dall’idea dell’artista Tomasz Strzałkowski, nonché fondatore ed art director di Duality Games.

Sfortunatamente non possiamo dirci altrettanto soddisfatti del lavoro svolto per le numerose cutscenes presenti nel gioco, dimostrando prontamente l’inevitabile legnosità di alcune animazioni dei personaggi, soprattutto quelle facciali.

Per quanto concerne invece la soundtrack, Jan Ignacy Królikowski ha svolto un lavoro più che rispettabile nel comporre un buon accompagnamento per i toni oscuri del titolo, prediligendo spesso l’utilizzo dell’ambience piuttosto di una vera e propria melodia.


Comparto tecnico

Il comparto tecnico di Unholy è forse uno degli aspetti più controversi del titolo considerando il contrasto fra l’effettiva bellezza degli scenari ed alcune fastidiose problematiche di ottimizzazione.

Difatti, Unholy può contare su un ottimo comparto tecnico che punta maggiormente sull’impatto d’insieme piuttosto che il dettaglio, laddove le texture non saranno troppo convincenti se esaminate a distanza ravvicinata ma dimostreranno una resa eccellente nella normale esplorazione degli ambienti.

Stabilità del software

Il vero problema si palesa laddove abbiamo a che fare con un’ottimizzazione inadeguata, lasciando molto spesso spazio ad episodi di stuttering anche su una RTX 3080 ed un i9 di decima generazione.

Il DLSS, purché presente, non migliora la situazione anzi la peggiora, applicando un downscaling eccessivo che mina in maniera fin troppo evidente l’aspetto grafico del gioco.
E’ bene specificare che questo tipo di episodi si è verificato quasi sempre applicando i dettagli delle ombre al massimo, abbassando il livello di questa impostazione il gioco si è rivelato più stabile ed in generale perfettamente giocabile con il nostro hardware.


Ringraziamo PressEngine e Hook Games per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.

Seguiteci sul nostro curatore per altre recensioni e articoli in arrivo nei prossimi giorni.

UNHOLY (PC)
in conclusione
Unholy è un titolo privo di mordente, vittima di una mescolanza di meccaniche che lo avrebbe dovuto distinguere dagli altri titoli del suo genere. Nonostante la solida componente artistica, il gameplay frustrante e la trama poco coerente rendono il gioco un'esperienza da dimenticare.
PREGI
lore del culto interessante
comparto artistico di grande pregio
graficamente più che discreto
DIFETTI
trama ricca di incoerenze
meccaniche di gameplay fuori luogo e poco divertenti
componente stealth limitata ed estremamente frustrante
alcuni problemi di ottimizzazione
5
voto

Di Mario Ricerni

Appassionato di videogiochi, cinema e musica, ha creato STWGames per condividere il sogno di entrare in diretto contatto con l'industria che ha ammirato sin dall'infanzia.