Recensione Tron: Ares | Un piatto ritorno al grid

Tron: Ares è un film del 2025 diretto da Joachim Rønning e il terzo capitolo della saga iniziata con Tron (1982) di Steven Lisberger e proseguita con Tron: Legacy (2010) di Joseph Kosinski.
Il film originale, già di casa Disney, è stato il primo nella storia a fare un uso così massiccio della CGI e a trattare temi quali mondi informatici e la rete intesa come mondo etereo al di fuori del nostro.

Quasi trent’anni dopo, il sequel Legacy ampliava il mondo e l’immaginario del primo Tron, espandendo il concetto di “mondo digitale” e trasformandolo in una mitologia cyber-filosofica centrata su eredità, creazione e controllo. Riprendeva alcuni personaggi del film, aggiungendo particolari alla storia e rimescolandoli per dare una nuova linfa vitale al grid (la rete virtuale).


A 15 anni di distanza dal secondo film, nel 2025, esce il terzo capitolo tanto atteso che, dati i temi trattati e soprattutto il tempo in cui siamo, si fa carico di un argomento molto attuale tanto che, se negli anni ’80 Tron veniva visto come futuro fantascientifico, oggi siamo consapevoli di star semplicemente osservando il presente.


Trama

La pellicola apre con un montaggio in cui, tramite ritagli di giornale, tg ed interviste, ci vengono presentati il protagonista e l’antagonista del film, Eve Kim (Greta Lee) e Julian Dillinger (Evan Peters), entrambi CEO di grandi aziende tech. In seguito ci viene mostrato Ares (Jared Leto), un programma di protezione definito Master Control e basato sull’AI più avanzata sulla faccia della terra, capace di operare anche nel mondo reale oltre che nel grid, ma per soli 28 minuti alla volta.

L’intreccio di Tron: Ares è molto semplice e si basa sull’utilizzo del codice Permanence, che permette ai programmi di sforare il tempo staibilito e rimanere umani per sempre, come MacGuffin del film. Sia Eve che Dillinger lo cercano, ma Julian ha Ares come asso nella manica, anche se l’incontro tra quest’ultimo ed il mondo reale potrebbe cambiare le cose.

Tron Ares

La trama soffre tuttavia di diversi problemi, il primo dei quali è la velocità con cui gli avvenimenti accadono e i personaggi cambiano. La maggior parte degli espedienti sembrano forzati, inseriti più per costrizione che per un’utilità vera e propria, respingendo lo spettatore dal cuore della storia.

Le coincidenze sono troppe e troppo casuali, incrinando notevolmente la sospensione dell’incredulità dello spettatore. Basti pensare che Eve trova il codice per cui sua sorella ha dedicato un’intera vita in poco più di cinque minuti di film, rompendo il patto con il regista già dall’inizio.

Tron aveva la base per poter parlare ad un pubblico moderno grazie al concept stesso del film che, se negli anni ‘80 era futuristico e fantascientifico, oggi è riconoscibile come il nostro presente. Eppure la pellicola snobba le tematiche di cui potrebbe trattare quali l’AI, la rete e la realtà virtuale, in favore di tematiche banali che non danno mai la sensazione di essere sentite dagli autori.


I personaggi

Tra le problematiche di cui abbiamo parlato in precedenza, ci siamo sentiti in dovere di segnalre la scrittura dei personaggi e dei loro archi narrativi. Di seguito, cerchiamo di capire il motivo per il quale i due protagonisti risultino piatti e poco convincenti:

ARES

Ares, interpretato da Jered Leto, è un programma creato da Julian Dillinger per tenere sotto controllo la grid della propria azienda, ma non solo. Grazie alla nuovissima tecnologia ispirata da quella che ha portato Sam e Kevin Flynn all’interno del grid, è in grado di fare il processo inverso e far uscire i programmi e portarli nel mondo umano con lo scopo di poterli usare come soldati e venderli all’esercito.

L’arco narrativo di Ares è piuttosto chiaro dal primo momento in cui lo si vede “nascere” in scena e chiedere al proprio creatore “Chi sono?”, solo per sentirsi rispondere “Non chi, cosa”. Ares ha una particolare attrazione verso ciò che lo circonda, una naturale curiosità che lo porta presto a chiedersi come sarebbe provare emozioni come quelle che avvertono gli umani.

Questo sentitmento dentro di lui esplode nel momento in cui Dillinger lo teletrasporta dal grid al mondo umano per mostrarlo ai potenziali investitori, e Ares sente per la prima volta le sensazioni umane come la forte umidità e la pioggia. Scaduti i 28 minuti ritorna nel grid e, mentre cerca di spiegare cos’abbia provato ad Athena, non riesce a trovare le parole giuste.

Per quanto sulla carta questa versione di Pinocchio AI possa essere interessante anche se un po’ scontata, il problema è che quest’arco lo vediamo iniziare già dal primo minuto: il film costringe Ares a percorrerlo talmente velocemente che non ci affezioniamo mai veramente alla sua storia. La voglia di provare esperienze umane è presente in Ares fin da subito, togliendo la parte iniziale in cui il personaggio andrebbe presentato con i suoi difetti e contraddizioni che andrà poi ad affrontare, ed eventualmente risolvere nel finale, per raggiungere i propri obbiettivi.

EVE

Il personaggio di Eve Kim, interpretata da Grace Lee, invece ha una problematica forse ancora maggiore anche se simile a quella di Ares: non ha un’evoluzione, non cambia e non ha un arco. O meglio, un arco teoricamente lo ha, ma sembra essergli cucito addosso – e male – in un secondo momento, a script già compiuto.

Fin dai primi istanti in scena che ci viene mostrata è abbastanza chiaro che il suo conflitto interiore sia legato alla figura della sorella scomparsa, ma non viene accennato niente di lei o del perchè voglia portare a termine questo progetto se non appunto perché era una ricerca a cui la sorella teneva molto. Ancora una volta non riusciamo, da spettatori, ad affezionarci al personaggio perchè non ce ne viene data la possibilità.

La nota più positiva del personaggio è sicuramente l’interpretazione di Greta Lee, la quale si toglie la maschera da “innamorata” per indossare quella da “action woman” per la prima volta, riuscendo a risultare sempre credibile e allo stesso tempo dare una sfumatura di profondità al personaggio. Riesce a restituire l’aura da “brava persona” che aleggiava intorno a Kevin Flynn nel primo Tron, che risulta un po’ fittizia quando associata alla figura di un CEO di una multinazionale.


Colonna sonora – NIN

La colonna sonora di Tron: Ares segna il ritorno di Trent Reznor e Atticus Ross non come semplici compositori ma come Nine Inch Nails a pieno titolo, e il risultato è tutt’altro che rassicurante. Laddove Legacy dei Daft Punk (colonna sonora del secondo capitolo) celebrava la perfezione luminosa della sintesi uomo-macchina, Reznor costruisce un universo sonoro fatto di distorsioni, pulsazioni metalliche e spazi vuoti che suonano come ferite digitali .

È una colonna sonora senza orchestra, senza retorica e senza luce: solo sintetizzatori analogici, glitch e droni che oscillano tra il rituale industriale e la disperazione elettronica. Ogni traccia sembra un frammento di codice corrotto che cerca di ricordare la propria origine umana, riflettendo perfettamente il tema del film: il digitale che prova a diventare carne .

L’album funziona nel contesto del film, amplificando la tensione e il senso di alienazione, ma fuori dallo schermo perde identità. Dove Daft Punk avevano inciso melodie memorabili e orchestrazioni epiche, i NIN scelgono la rarefazione e l’abrasione, creando un suono che più che coinvolgere, respinge e mette a disagio come se la perfezione fosse diventata impossibile.
C’è coerenza, non grandezza. Tron: Ares suona come un esperimento necessario ma freddo, l’eco di un mondo che non cerca più di stupire ma di sopravvivere tra i propri detriti sonori. È la colonna sonora di un futuro che ha smesso di credere nella bellezza della tecnologia — e forse anche della musica stessa.


Ringraziamo Disney per averci invitato all’evento in anteprima per la realizzazione di questa recensione.

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Tron: Ares
TRON: ARES
IN CONLUSIONE
Tron Ares è un film che, come i precedenti, conserva un design interessante ed esteticamente piacevole oltre che una colonna sonora di tutto rispetto. Il problema risiede nella piattezza della scrittura che non può essere salvata da scelte di design o di musica.
PREGI
Design interni molto interessanti
Difetti
Plot scontato
Personaggi piatti
5
Voto