Recensione Tormented Souls 2 | Un ritorno al passato tra luci e ombre

Il genere survival horror ha sempre avuto un impatto significativo nella vita dei videogiocatori, grazie a capisaldi come Resident Evil e Silent Hill. Alcuni di questi franchise si sono evoluti radicalmente nel corso degli anni, abbandonando la telecamera fissa e i controlli legnosi per abbracciare soluzioni videoludiche moderne, come la visuale in prima o terza persona che caratterizzerà, ad esempio, il prossimo Resident Evil 9.

In questo scenario si inserisce Tormented Souls 2, sviluppato dal team Dual Effect e pubblicato da PQube, sequel del titolo uscito nel 2021. Questa nuova opera non si limita a rendere omaggio a quell’epoca, ma ne riprende l’essenza nella sua interezza, dimostrando un amore puro per i classici e riproponendone sia i pregi che i difetti.

Il risultato di questa fusione è un’esperienza divisiva, paragonabile a un prato incantevole che però nasconde al suo interno sterpaglie e rovi, capaci di pungere e rovinare un lavoro altrimenti certosino.

Dopo un primo capitolo che aveva suscitato interesse in una nicchia di appassionati, la curiosità ora sta nello scoprire se questo seguito abbia risolto i problemi del predecessore o se abbia preferito cavalcare la nostalgia, offrendo un’esperienza che guarda al passato sia nei pregi che nei difetti.


NARRATIVA

La narrazione di Tormented Souls 2 riprende poco dopo gli eventi del primo titolo, seguendo il good ending in cui la protagonista, Caroline Walker, riusciva a fuggire dall’ospedale di Wildberger portando in salvo Anna, una delle due gemelle coinvolte negli oscuri riti del culto.
Dopo le atroci vicende vissute, Caroline non riesce a trovare la pace: la piccola Anna è ancora tormentata da incubi e visioni che distorcono la realtà, diretta conseguenza dei traumi subiti.

Determinata a trovare una soluzione definitiva, Caroline si reca insieme alla sorella adottiva a Villa Hess, una cittadina sede di una clinica specializzata e isolata, gestita da un misterioso ordine religioso. In un cliché narrativo piuttosto prevedibile, gli eventi prendono una brutta piega: Caroline e Anna si addormentano nella stanza assegnata loro da una suora dell’ordine e, nel cuore della notte, la gemella viene rapita da alcune consorelle, decise a risvegliare un’entità mitologica di nome Nautilus.

L’incipit narrativo purtroppo poggia su fondamenta fragili, perché la scelta di Caroline di portare la sorellina, appena sopravvissuta a un trauma, in un convento isolato e inquietante, solo per vederla rapita di nuovo da un culto, rende difficile per il giocatore rimanere sorpreso dagli sviluppi.

Questo pretesto, frutto di una scrittura funzionale ma basilare, serve fondamentalmente a introdurre un’ambientazione interessante, ma dal punto di vista narrativo lascia poco il segno.

Un problema ricorrente sta anche nella caratterizzazione della protagonista: nonostante i traumi del primo capitolo, Caroline Walker rimane un personaggio estremamente superficiale e quasi distaccato emotivamente dagli eventi. Questa sensazione di piattezza si estende anche agli elementi soprannaturali che la riguardano, come la capacità di viaggiare in una versione alternativa del mondo o di manipolare il tempo; tutte meccaniche importanti, ma spiegate in modo insufficiente, senza fornire dettagli utili a rafforzare il mondo di gioco e la sua mitologia.

Il titolo non riesce dunque a costruire un universo che ruoti attorno ai suoi personaggi e fallisce nel creare una connessione emotiva, lasciando che sia soltanto l’atmosfera a sostenere il peso dell’intera struttura narrativa.


GAMEPLAY

È proprio nel gameplay che emerge la vera anima di Tormented Souls 2: un omaggio ai classici del genere che, invece di limitarsi a citarli, li ripropone fedelmente ai giorni nostri. L’esperienza si fonda su una costante e ansiosa ricerca di risorse: munizioni, cure mediche e soprattutto nastri per il salvataggio manuale (a meno di scegliere la difficoltà facile, che abilita il salvataggio automatico) sono davvero preziosi.

Questa scelta di design, che per molti giocatori moderni può risultare frustrante e punitiva, era invece il motore della tensione nei survival horror classici; salvare i progressi diventa una risorsa tattica tanto importante quanto le munizioni, trasformando ogni errore in una potenziale perdita di ore di gioco e creando molta frustrazione in chi non apprezza queste vecchie meccaniche.

La dinamica centrale del gioco sta nella paura soffocante del buio. Caroline è terrorizzata dall’oscurità e, se resta troppo a lungo senza una fonte di luce, inizia ad andare nel panico fino a morire. L’unico modo per sopravvivere nelle aree non illuminate è usare un accendino, trovato addosso a un mostro che, appena ci si allontana, si risveglia.

Come nel primo capitolo, tenere acceso l’accendino impedisce di usare qualsiasi arma, lasciando come unica scelta la fuga. Si crea quindi un dilemma costante nell’esplorazione di nuove stanze: conviene entrare armati nell’oscurità o illuminare l’area con l’accendino, rischiando però di diventare preda dei mostri? Gli scontri avvengono con le stesse regole dei classici: se si viene accerchiati, è meglio creare distanza, imbracciare un’arma e liberare la zona.

Il cuore dell’esperienza è l’esplorazione di Villa Hess e la risoluzione dei suoi enigmi. L’indagine di ogni nuovo luogo è lenta e richiede attenzione: ogni angolo può nascondere documenti o oggetti indispensabili, rendendo il backtracking molto presente, soprattutto nelle prime ore.

Per quanto riguarda gli enigmi, emerge la passione degli autori per i caposaldi del genere; alcuni puzzle sono veri omaggi a Resident Evil, dove, ad esempio, una statua può nascondere una chiave. Questi rompicapi richiedono di combinare oggetti, decifrare codici e ragionare attivamente per poter procedere. Tuttavia, non tutti i puzzle risultano davvero stimolanti e spesso ci si blocca non per complessità logica, ma perché manca ancora l’oggetto giusto da trovare e posizionare.

Il backtracking, quindi, torna spesso a essere snervante, costringendo a ripercorrere stanze già visitate. In sostanza, gli enigmi sono fedeli al genere, capaci di generare sia frustrazione che appagamento.

Il problema più grande dell’intera produzione risiede però nel sistema di combattimento, poiché proporre degli scontri concepiti 20 anni fa in un titolo odierno è una scelta azzardata e pericolosa, se non supportata da un minimo di modernità. In particolare, la combinazione di movimenti tank e telecamera fissa, che si comporta in maniera eccellente nelle fasi di esplorazione e costruzione dell’atmosfera, diventa fonte di profondo fastidio non appena si affronta un nemico.

Molte di queste situazioni avvengono in corridoi angusti, rendendo difficile la ritirata, dove in primo luogo è facile bloccarsi contro i nemici stessi, andando incontro a morte cerca, e la telecamera fissa ha l’abitudine di cambiare bruscamente angolazione, invertendo di conseguenza i comandi e portando il giocatore a muoversi nella direzione sbagliata. Ad aggiungere frustrazione si sommano un sistema di mira automatica che fatica ad agganciare il bersaglio corretto (o non lo aggancia affatto) e una meccanica di schivata quasi del tutto inutile, se non nello scontro contro il boss finale.

A peggiorare ulteriormente la situazione contribuisce un arsenale che non si rinnova, riproponendo le stesse armi del primo capitolo. Questa è una delle occasioni mancate più gravi del titolo, mantenere un sistema di combattimento datato senza nemmeno aggiornare le armi rende ogni scontro un ostacolo da superare solo per tornare all’esplorazione e ai puzzle, cioè la vera anima dell’esperienza.


COMPARTO ARTISTICO E TECNICO

Se il gameplay vive in un equilibrio tra appagamento e frustrazione, il comparto artistico rappresenta il punto più alto della produzione. Tormented Souls 2 è visivamente notevole; qui Dual Effect dimostra una grande maestria nel catturare l’estetica dei classici del genere, impreziosendola con un livello di dettaglio moderno.

Come nel primo capitolo, gli ambienti sono i veri protagonisti e, nonostante la natura indie del titolo, le strutture che compongono l’ambientazione sono realizzate in modo impeccabile. Ogni stanza è ricca di dettagli e ogni corridoio trasmette un senso di oppressione, grazie anche all’illuminazione che crea giochi di luce capaci di ingannare positivamente il giocatore.

Rispetto al gioco precedente, anche il sound design è migliorato e contribuisce a restituire tensione durante l’avventura. La musica è quasi assente, lasciando spazio a rumori ambientali, scricchiolii e suoni che instillano costantemente ansia e il dubbio che qualcosa ci stia seguendo.

Per quanto riguarda il comparto tecnico, il team di sviluppo è riuscito a garantire prestazioni fluide e senza incertezze. Si segnalano soltanto alcuni bug grafici minori, come alberi che compenetrano le pareti della chiesa nella fase iniziale del gioco, ma per il resto non si rilevano glitch in grado di rovinare l’esperienza di gioco proposta.


Ringraziamo Keymailer per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
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Tormented Souls 2
TORMENTED SOULS 2 (PC)
In conclusione
Tormented Souls 2 si conferma un atto d'amore verso i survival horror classici che, purtroppo, non riesce a smussare le criticità che già colpivano il predecessore. Se da un lato la direzione artistica è di grande livello, dall'altro l'esperienza crolla sotto il peso di un sistema di combattimento obsoleto. A questo si aggiungono una narrativa basilare e una protagonista priva di spessore, che non riescono a supportare l'esplorazione. Il risultato è un titolo consigliato esclusivamente ai puristi del genere, anche se rappresenta un'occasione mancata per evolvere la formula.
Pregi
Direzione artistica notevole
Un sound design efficace e migliorato
Difetti
Sistema di combattimento legnoso
Trama prevedibile e piena di cliché
Il backtracking risulta a tratti eccessivo e fine a sé stesso
La protagonista non riesce ad essere coinvolgente
6.8
Voto