Conosciuti dal pubblico per titoli profondi ed emozionanti come Frostpunk e This War of Mine, gli sviluppatori di 11 bit studios tornano con un progetto che affonda ancora una volta le mani nelle sfumature più cupe dell’animo umano.
The Alters è un’avventura gestionale-narrativa che prosegue la linea editoriale dello studio, ormai anche solido publisher di piccole perle dal forte impatto tematico che sicuramente avrete visto trattate in questa sede di recensione.

Nel loro ultimo lavoro, il cuore della narrazione è la clonazione, non solo in senso biologico, ma come espediente per scandagliare le infinite pieghe dell’identità. E le riflessioni non si fermano qui, si pone infatti l’accento anche sul concetto di relazioni con gli altri, e su quanto queste siano parte indissolubile ci ciò che ci rende unici ed inimitabili.
Siete pronti a rinunciare ogni cosa per la missione?
Seguiteci in questa recensione!
Incipit e trama
The Alters mette il giocatore nei panni di Jan Dolski, un uomo comune che si ritrova bloccato su un pianeta ostile dopo un atterraggio catastrofico. La sua vita, già turbolenta e ricca di momenti drammatici fra un padre violento, la madre malata ed una relazione finita male, necessitava di una definitiva svolta e per tanto aveva deciso di avventurarsi in una spedizione mineraria lontano dalla Terra.
Rimasto solo e senza comunicazioni, le sue chance di sopravvivere sarebbero nulle, da qui la scelta estrema: creare i primi “Alters”, cloni di sé stesso che derivano da esperienze di vita differenti sfruttando le peculiarità di un preziosissimo materiale chiamato rapidium.

La forza dell’incipit sta proprio nella sua carica esistenziale: non si tratta solo di sopravvivere ad una catastrofe che ci vede completamente isolati, ma di confrontarsi letteralmente con le proprie possibili versioni alternative.
Ogni Alter è un “e se”, un riflesso di ciò che Jan sarebbe potuto diventare prendendo una scelta diversa nei vari momenti chiave della sua storia. E’ così che in qualche modo riusciamo ad evitare la solitudine, costruendo delle relazioni complesse con noi stessi. In questo senso, il gioco narra una storia corale ma allo stesso tempo più personale che mai.
La narrazione è interamente veicolata da dialoghi, ben scritti e sapientemente diversificati, e da rari ma suggestivi flashback illustrati che pur avremmo preferito vedere animati.
Un po’ meno convincenti le animazioni facciali ed in generale delle interazioni fra i personaggi, non sempre all’altezza delle emozioni che vorrebbero convogliare.
L’intero impianto della trama è costruito allo scopo di istigare domande profonde, e la storia si fa via via più intensa anche grazie alla pressione crescente delle scelte che dovremo compiere.

Abbiamo trovato il sistema di branching dei cloni attraverso la meccanica “tree of life” particolarmente convincente: ogni Alter ha peculiarità e personalità uniche, che influiscono sul lavoro svolto nella base, sull’umore e sui rapporti interpersonali di ciascuno con noi e gli altri cloni. Soddisfare tutti è praticamente impossibile, dal momento che ogni iterazione di Jan proviene da una storia differente, e avrà priorità, fragilità e aspettative che spesso entrano in conflitto con quelle degli altri.
Il titolo è pensato per essere rigiocato, anche a causa del numero limitato di Alters che è possibile creare in una singola partita; una run risulta anche del tutto insufficiente per poter vedere tutti i contenuti narrativi se consideriamo l’importanza effettiva delle scelte.
Insomma, la trama di The Alters è forse l’aspetto da subito più attraente, pur non sviluppandosi in maniera totalmente lineare e lasciando moltissimo spazio alle ben più tradizionali componenti di gameplay.
Il gameplay
Il gameplay loop di The Alters prende piede rapidamente e diventa presto una routine soddisfacente e sfaccettata.
La gestione della base, dei compiti degli Alters, delle risorse e dell’esplorazione si intreccia con decisioni sempre più pesanti e complesse, sia a livello morale che strategico, ma andiamo con ordine:
Sopravvivere ad ogni costo
La gestione della base è una caratteristica su cui il team di 11bit studios gioca in casa, avendo già lavorato a titoli come This War of Mine e Frostpunk che ne facevano una componente fondamentale. Nulla si ottiene gratuitamente, e avremo la costante necessità di accumulare risorse e materiali dalla superficie del pianeta per costruire nuove stanze, strumenti, generare cibo ed espandere la struttura. Ovviamente non possiamo fare tutto da soli, e la distribuzione dei ruoli è cruciale per la sopravvivenza dell’intero team, bisogna infatti fare in modo che ogni alter lavori nelle giuste condizioni alla mansione che gli affideremo dall’apposita schermata.
In base a chi avremo scelto di portare alla luce attraverso il “womb”, otterremo anche degli individui specializzati in un determinato campo, che sia la medicina, la psicologia, l’estrazione di materiale e via discorrendo.
Un’esempio importante potrebbe essere lo scienziato, l’unico in grado di occuparsi della ricerca di nuove tecnologie e miglioramenti per la base, l’estrazione, l’equipaggiamento ed il proseguimento nella missione, e per tanto una tappa obbligatoria di ciascuna run.

Nel far affidamento a questi personaggi, bisogna tener conto che ogni scelta grava sul temperamento dei cloni e sulla tenuta psicologica del protagonista, spesso spinta al limite di rottura. I cicli scorrono una dopo l’altro con velocità incostanti, con salvataggi disponibili (in quantità limitata) solo a fine giornata, il che aumenta la tensione e spinge a riflettere con attenzione sulle quantità di tempo dedicate a ciascuna mansione. Se la mattina e il pomeriggio li occuperemo all’esterno per recuperare materiali e proseguire nella missione, l’arrivo delle radiazioni nello ore notturne ci costringerà a fare ritorno alla base per curare le nostre relazioni con gli alters.
In sostanza, la gestione del lavoro è ben strutturata, ed alcuni piccoli minigiochi ed interazioni inseriti nel loop contribuiscono a spezzare il ritmo e a creare piccole occasioni di stacco assolutamente apprezzate.
Un buon leader, un amico, un fallito
Jan Dolski si presenta come un uomo comune ritrovatosi nel ruolo di leader, ed in quanto tale è sorprendentemente la versione meno capace e “speciale” di se stesso.
Per i nostri cloni il pericolo di un collasso è assolutamente reale, possono ferirsi, morire e sentirsi sopraffatti, e non mancano le crisi che possono durare giorni interi.
In questi casi, il consiglio è quello di tornare a un salvataggio di 3-4 cicli prima per evitare di combattere un probabile game over.
Una singola run può impiegare intorno alle 30-35 ore di gioco, ma queste spiacevoli deviazioni potrebbero aumentarne la durata anche più del previsto.

In nostro soccorso arrivano le missioni secondarie , che offrono ulteriori dilemmi morali e che si riveleranno fondamentali per il raggiungimento di un’ipotetica “lezione di vita” da parte di ciascun alter. E’ comunque bene notare che l’umore della crew può crollare all’improvviso, apparentemente in modo arbitrario, ma mai in maniera veramente ingiustificata.
Da questo punto di vista siamo di fronte ad un titolo difficile, frustrante e che non perdona alcun tipo di errore.
Gli strumenti a nostra disposizione per sedare eventuali ribellioni (la cui probabilità sarà ben visibile dalla schermata dedicata a ciascun alter) sono proprio i momenti di condivisione di cui parlavamo in precedenza; guardare un film, tenere un banchetto oppure giocare a ping pong versione alcolica sono solo alcuni degli esempi.
La parte “action”
L’esplorazione effettiva del pianeta, invece, risulta lenta ed è ostacolata da difficoltà di vario genere. Ad assumere il ruolo di “nemici” ci saranno le anomalie, delle bolle trasparenti che si muovono in maniera lenta ma piuttosto imprevedibile. Affrontarle può essere frustante e ripetitivo raggiunta una certa longevità, soprattutto in virtù di un sistema di combattimento che pare soltanto abbozzato. La nostro pistola ci aiuta a rivelare la vera stazza di queste entità e i punti deboli che vi gravitano dentro, ma per sparare avremo effettivamente bisogno delle medesime batterie che alimentano la nostra tuta. Se infatti potremo muoverci liberamente nelle zone più pianeggianti, il level design impone la presenza di alte sporgenze che richiederanno cariche di energia per l’arrampicata.

Insomma, dovreste sempre assicurarvi di uscire dall’airlock con una buona scorta di batterie già prodotte. Altri strumenti includono i piloni per scannerizzare il terreno e piantare le trivelle d’estrazione, la stazione a raggi per disintegrare gli ostacoli, il rampino e tante altri gadget che ci torneranno sicuramente utili.
Un’ulteriore aspetto che richiederà una certa attenzione è lo scorrere rapidissimo del tempo (un secondo nel mondo reale equivale a un minuto nel gioco), che diventerà ancora più veloce nel caso decideste di estrarre dei minerali, oppure nel caso finiste nelle grinfie di un’anomalia che ne altera lo scorrimento.
Se foste intenzione a sfruttare nel miglior modo possibile il tempo a vostra disposizione prima dell’arrivo dell’alba (e il conseguente game over per l’aumentare delle temperature) dovreste approcciarvi all’esplorazione con un mix fra la fretta e la più minuziosa osservazione di ciò che vi circonda, specie negli ultimi giorni.
Comparto artistico e tecnico
Da un punto di vista grafico, The Alters riesce a colpire nel segno; facendo un buon utilizzo dell’Unreal Engine 5, gli scenari possono vantare di un certo impatto visivo, nonostante non siano dei più vari e originali in termini di design.
In generale, la sensazione è che non ci sia stato un lavoro creativo particolarmente approfondito per quanto l’immaginario, che prende comunque ispirazione dal tipico sci-fi moderno con dei risultati tutto sommato molto apprezzabili.
Avremmo gradito una gestione più pulita delle interfacce, che seppur comprensive e ricche di specifiche rischiano di disorientare, soprattutto nelle prime ore di gioco.

La soundtrack vede invece il ritorno del leggendario (per merito) compositore Piotr Musiaf, che ci aveva già estasiato con la OST di Frostpunk 1 e 2, e che qui si sbizzarrisce nella costruzione di tracce molto, molto diverse da quelle a cui aveva abituato in precedenza.
I ritmi futuristici, ripetitivi e sognatori delle tracce ci hanno accompagnato con grande efficacia nel corso della nostra avventura, e seppur non ci abbiano lasciato la stessa impressione di altri titoli dell’azienda, continueremo sicuramente ad ascoltarle al di fuori del gioco.
Per quanto concerne le performance dell’edizione PC, queste si mantengono su dei livelli ottimali anche con dettagli al massimo ed in 1440p. Il merito va in buona parte al supporto al DLSS4 ed al Frame Generation, che stanno diventando (nel bene e nel male) delle componenti sempre più essenziali per ottenere dei buoni risultati a risoluzioni superiori.
Nella build del pre-rilascio, permangono tuttavia alcuni bug e glitch, che si spera vengano risolti con le prossime patch.
Grande assente, purtroppo, la traduzione testuale italiana: una mancanza non da poco, considerata la centralità dei dialoghi e la complessità dei temi trattati.
Ringraziamo Terminals.io per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
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