Quando un anno fa sfruttammo l’approcciarsi delle vacanze estive per dedicarci a quel piccolo capolavoro di Still Wakes The Deep, non potemmo fare altro che rimanere profondamente colpiti da un titolo horror che sembrava aver spezzato a sorpresa una catena di uscite poco soddisfacenti. Breve, compatto ma estremamente intenso, il gioco di Chinese Room è presto diventato una delle nostre esperienze preferite nel suo popolarissimo genere di riferimento.
Sfortunatamente, Siren’s Rest è un contenuto aggiuntivo che, per quanto gradito, si rivela un esperimento fine a sé stesso. Non possiede la forza, il carisma e la tensione crescente del gioco base, risultando in un’esperienza definibile secondaria, tanto per costruzione quanto per ambizioni narrative.
A determinare questo bilancio non è soltanto l’obiettivo ridotto della produzione, quanto alcune scelte di design piuttosto discutibili, soprattutto in termini di ritmo e realizzazione concreta delle sezioni di gioco.
Dopo aver fatto nostri entrambi i finali siamo finalmente pronti a parlarvene in questa recensione!
Narrazione
Nei panni di Mhairi, figlia di uno degli ex membri della crew della piattaforma petrolifera Beira D, torniamo sul relitto anni dopo la tragedia narrata nel primo capitolo. In qualità di sommozzatrice professionista, proprio come lo era suo padre, la protagonista si addentra nei resti sommersi della stazione, con lo scopo di catalogare e documentare i corpi dei malcapitati e recuperare le eventuali reliquie rimaste sepolte nelle profondità.

Senza troppe giri di parole, la trama, purtroppo, non ci ha convinto totalmente.
I due nuovi personaggi introdotti non sono particolarmente approfonditi, e aleggia costantemente la sensazione che il finale già perfetto del primo capitolo possa venire rimesso in discussione o addirittura rovinato da queste nuove aggiunte.
Certo, ci ha fatto piacere tornare nella Beira D e respirare ancora quell’atmosfera sorprendentemente personale ed opprimente che ci aveva colpiti nel 2024; ma il risultato finale è un’esperienza poco incisiva, priva della forza e del perso narrativo che aveva reso Still Wakes the Deep un piccolo cult fra gli appassionati del genere.
Realizzare un contenuto aggiuntivo per Still Wakes The Deep era molto difficile in quanto si tratta di un’opera autoconclusiva, ma l’idea di presentare un punto di vista inedito “dell’incidente” della Beira avrebbe già aperto all’introduzione di vari concept interessanti senza rischiare di riaprire i dubbi sulla conclusione dell’originale.
Gameplay
Come accennato, a guidarci nell’esplorazione c’è un contatto via radio, Rob, che comunica con noi attraverso l’ombelicale collegato alla nostra tuta. Questo cavo, che dovrebbe fungere da ancora di sicurezza e orientamento, viene invece più volte abbandonato, spesso per ragioni di trama.
Nella pratica, il sistema del cavo si rivela fastidioso: quest’ultimo tende a contorcersi, glitchare, sparire e rendere estremamente più caotica l’esplorazione.

La prima parte del DLC è incentrata proprio sull’esplorazione meticolosa del relitto, con l’obiettivo di documentare la posizione dei corpi e recuperare oggetti di vario genere. Una pratica narrativa che funziona alla grande inizialmente, fino a quando non si inizia a percepire la ripetitività del compito affidatoci.
Sott’acqua trascorreremo la maggior parte del tempo di gioco, circa tre quarti dell’esperienza, alternando l’immersione a brevi sezioni a piedi in camere di decompressione o vani inspiegabilmente asciutti.
Le fasi d’azione sono praticamente assenti: l’unica minaccia concreta compare soltanto negli ultimi venti minuti del gioco, quando fa la sua comparsa il mostro, anticipato da decine di “falsi allarmi”.
È proprio qui che emergono i limiti strutturali di Siren’s Rest: l’atmosfera è ancora una volta estremamente evocativa, grazie ad un comparto audio curato, al fantastico doppiaggio in dialetto scozzese e alla riproduzione spettrale degli interni della Beira D, ma manca inevitabilmente la tensione che si costruiva in Still Wakes the Deep pezzo dopo pezzo. Ci muoveremo insomma tra spaventi innocui, rumori inquietanti e piccoli eventi minacciosi che, sistematicamente, non portano mai a conseguenze reali.
Durata e novità
Il DLC si completa in circa 2-3 ore, anche meno, per chi ha familiarità con le pochissime meccaniche del gioco base. Infatti, in occasione del DLC sono stati aggiunti giusto un paio di strumenti: il piede di porco per aprire porte ed armadietti, ed un piccolo cutter per liberarci in fretta delle incrostazioni che ci sbarrano il cammino.

Una durata esigua ma tutto sommato giustificata, se consideriamo che era abbastanza corto anche il titolo principale, e che il prezzo del contenuto è di solo 10 euro.
Purtroppo, quando finalmente si entra nel vivo della sequenza horror, il senso di urgenza dura davvero poco e lascia il posto a un epilogo tutto sommato interessante ma poco incisivo. La scelta finale, un bivio narrativo legato al passato familiare della protagonista, chiude il cerchio in modo coerente ma non memorabile, gettando anche delle fondamenta probabili per quello che potrebbe rivelarsi il futuro del franchise.
Ringraziamo PressEngine per averci fornito una chiave del loro gioco per realizzare questa recensione.
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