Noi italiani, negli ultimi anni, abbiamo iniziato sempre di più a farci notare a livello internazionale anche nel mondo videoludico. Basti pensare a Enotria: The Last Song, il souls-like tutto italiano uscito pochi mesi fa e ambientato proprio nella nostra cara madrepatria, che si è rivelato una grande vittoria per il nostro popolo oltre che un motivo di orgoglio per tutti i giocatori italiani.
Stavolta, invece, i ragazzi dello studio di sviluppo romano Storm in a Teacup ci invitano in una nuova avventura action che ci catapulta in un futuro distopico governato dall’intelligenza artificiale, affrontando quindi un tema molto attuale nella nostra società.
Con una lunga lista, nel panorama videoludico italiano, sia di successi che di tentativi completamente falliti, scopriremo ora se, con Steel Seed, questi emergenti sviluppatori nostrani sono riusciti a fare centro nei cuori dei videogiocatori di tutto il mondo con il loro action adventure basato sul genere sci-fi.

Il destino dell’umanità è nelle vostre mani, ce la farete a riportarla in vita?
Scopritelo in questa nuova recensione!
Un futuro distopico governato dall’IA
Ci troviamo in un futuro distopico dove l’umanità è giunta alla sua fine: la protagonista di questa storia è Zoe, una giovane ragazza figlia del grandissimo scienziato e imprenditore Archer, che si rivela essere anche l’unica speranza per il genere umano di tornare e risorgere dopo la sua tragica fine.

Per affrontare questo viaggio, Zoe sarà in compagnia di un simpatico e amichevole robot di nome Koby, creato appositamente da suo padre per aiutarla a compiere la sua missione, mentre a farle da guida sarà la più alta forma di intelligenza artificiale di nome S4VI.
Tra ambientazioni fantascientifiche distopiche, fughe, stealth, combattimenti e platforming, la figliol prodiga dovrà trovare ben 4 frammenti di coscienza per riportare in vita il padre e avviare così il progetto “Rinascita” per ricreare il genere umano.
Sembra quasi scontato dirvi che non sarà per niente facile raggiungerlo, e infatti la nostra protagonista sarà costantemente bracconata da un’altra forma di intelligenza artificiale di nome Hogo, convinto fermamente che l’umanità è una piaga per il mondo e che non debba quindi in alcun modo tornare.
Una narrazione didascalica
Avendo letto la trama del gioco, potrete ben immaginare che Steel Seed purtroppo non eccelle in termini di originalità e come, per quanto possa essere interessante immaginare un futuro del genere, usi infatti un’idea che abbiamo già visto più e più volte nel genere fantascientifico.
Si cade così nei classici cliché dei film cinematografici di bassa lega, senza mai imbattersi in una vera e propria svolta che porterà quindi a una narrativa che risulta essere perlopiù prevedibile.

La trama ovviamente esiste ed è presente, ma è narrata così superficialmente e con enormi “spiegoni” spesso noiosi che non riescono a suscitare alcun interesse nel giocatore.
Troviamo davvero poche cutscene durante la campagna, lasciando posto invece ai classici ologrammi che ricoprono il ruolo di guida turistica, spiegandoci cosa è accaduto prima e per quale motivo.
È scontato di come non si tratti propriamente del modo migliore per raccontare una storia, dimostrando piuttosto di avere una sceneggiatura molto debole e spesso piena di buchi di trama, che si rivela essere per quello che è soprattutto nel finale, con un personaggio che arriva persino a contraddirsi continuamente.
Personaggi anonimi
La trama è quindi di per sé è debole e raccontata passivamente, senza risultare in alcun modo interessante o accattivante, portando di conseguenza questo difetto anche nella scrittura stessa dei personaggi che compongono questa storia.
Nonostante si ritrovi in un mondo governato dai robot e dall’intelligenza artificiale migliaia di anni dopo la fine dell’umanità, Zoe non si pone mai domande né riserva alcun dubbio su chiunque la circondi, rendendola una protagonista piatta e gratuitamente altruista che si limita a rispecchiare il ruolo dell’eroina stereotipata che obbedisce agli ordini dall’alto senza chiedersene il motivo.

Seppur il team abbia provato a far empatizzare i giocatori con il duo formato da Zoe e Koby e di commuoverci con delle scene toccanti, impostando la storia e i personaggi su questa linea, falliscono nel tentativo di creare un legame con il giusto impatto emotivo tra il giocatore e i protagonisti.
Ancor peggio, i personaggi secondari come S4VI e Hogo si limitano a ricoprire i loro ruoli di “buono contro cattivo”, senza avere un motivo fondato dietro, apparendo come dei veri e propri automi privi di una vera motivazione di fondo.
Gameplay tra alti e bassi
Tuttavia, se la storia ci è sembrata molto piatta e piuttosto dimenticabile, al contrario possiamo parlare molto positivamente del gameplay.
Steel Seed si presenta come un action adventure in terza persona con meccaniche molto interessanti che si basano sullo stealth, sul combattimento e sul platforming, prendendo una vaga ispirazione da altri titoli, capolavori come la serie di Batman Arkham (per lo stealth) e Dark Souls (per il combat system), per offrire un’esperienza divertente e variegata.
Uno stealth tattico
Consigliamo calorosamente di affrontare la campagna principale scegliendo proprio l’approccio stealth, molto tattico e intelligente seppur derivativo, fermamente convinti che si tratti dell’aspetto più funzionale dell’intero prodotto.
Questo non si basa infatti solo ed esclusivamente sull’eliminare i propri avversari silenziosamente, come invece troviamo in molti altri titoli simili, ma piuttosto ci richiederà di studiare con attenzione l’ambiente attorno a noi.

Durante le prime fasi potrebbe tuttavia sembrare il classico approccio stealth che troviamo ormai in tutti i videogiochi che hanno preso ispirazione dalla saga di Rocksteady: si parte dalle classiche eliminazioni dai punti di vantaggio (da dietro l’angolo, dall’alto, da una sporgenza o alle spalle dell’avversario) per poi arrivare a sbloccare abilità, completando delle sfide, molto utili che ci rendono il lavoro più semplice.
Il grande aiuto, oltre che la novità che rende queste fasi davvero divertente, è da ricercarsi nel nostro amato Koby, in grado di eliminare i nemici con i danni ambientali, individuando il loro percorso e sparando a degli esplosivi che metteranno fuori gioco i nemici più deboli o danneggeranno significativamente quelli più resistenti.
Ѐ inoltre in grado di creare dei campi di glitch in cui possiamo nasconderci e sparare dei proiettili sonori per attirare i nemici, creando così vari piani di attacco.
Platforming dinamico
Altro punto forte del titolo romano sono sicuramente le sezioni di platforming, che ci hanno regalato alcuni dei momenti più memorabili e divertenti, nonostante talvolta fossero anche troppo brevi. Anche qui il team di sviluppo ha scatenato la propria creatività concatenando salti e colpi di raggi laser con scalate di strutture e corse contro i muri, creando sequenze estremamente dinamiche e uniche nel loro genere.

A rendere il tutto più dinamico e divertente è ancora una volta il nostro amico robotico di fiducia, senza il quale non potremmo accedere ad alcune aree sbarrate con detriti o porte metalliche. Il piccoletto può attivare piattaforme aggiuntive e aprire le porte dall’interno, aggiungendo molta più azione durante le fasi di fuga e donandoci il pieno controllo sull’area.
Combat system macchinoso e povero
Arriviamo ora all’aspetto più povero del gameplay, che purtroppo finisce per rovinare almeno in parte l’esperienza di gioco. Il team, infatti, non ha impiegato lo stesso impegno nel combattimento, che si rivela essere il più grande difetto che rischia al contempo di far cadere nell’abisso un titolo che, e lo diciamo con enorme dispiacere, poteva dare molto di più.

Di per sé, il combat system di Steel Seed è sviluppato abbastanza correttamente, con comandi tutto sommato funzionanti e reattivi e che difficilmente si dimostrano fastidiosi, se non per un’eccessiva macchinosità dell’input dei tasti.
Tuttavia, il vero problema di questo aspetto è senza ombra di dubbio la sua povertà, che porta a un gameplay noioso e poco coinvolgente che non riesce a rivaleggiare con gli altri aspetti di gioco, ma rivaleggia piuttosto con la banalità della trama.
Ambientazione affascinante
A discapito dei diversi difetti piuttosto gravi affrontati nel corso di questa recensione, non possiamo tuttavia evitare di dire che il mondo fantascientifico di Steel Seed è assolutamente ipnotizzante quanto affascinante.
Non ci è difficile immaginare come il futuro del nostro mondo potrebbe rispecchiare quello realizzato con Steel Seed, che risulta realistico e verosimile con alcuni punti della mappa che ci hanno a dir poco sorpreso.

Esploreremo enormi aree di una vasta mappa, collegata in maniera chiara e limpida tramite delle capsule che fungono da checkpoint dove curarci, acquistare abilità e modificare la tuta, imbattendoci spesso in scenari visivamente stupendi che non solo restituiscono una sensazione di grandezza e maestosità, ma cambiano in base alle situazioni che stiamo affrontando.
Da colori chiari e luminosi si passa a dei livelli più cupi e tetri, adattandosi perfettamente ai punti di svolta della trama e delle nuove minacce in cui ci imbattiamo: a volte ci sentiremo piccoli e insignificanti in luoghi angusti e oscuri, mentre altre sentiremo aria fresca e speranza nei nostri cuori.
Con delle piccole incertezze concentrare negli angoli più bui dove ci sarà più arduo capire dove saltare, nel complesso è un’ambientazione meravigliosa e perfettamente in linea con il fantascientifico.
Ringraziamo Cosmocover per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
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