Esiste, nel mercato videoludico odierno, una particolare tendenza a smacchiare i titoli in uscita di ogni parvenza di personalità, piacevole o irritante che sia.
Questa costante ripetizione di concetti, meccaniche e persino scelte estetiche può riscontrare la sua causa in una varietà di fattori, primo fra tutti il non voler rischiare nei confronti di un pubblico sempre più sensibile e guidato dall’istinto “di gruppo”.

Se dovessimo individuare nella massa di titoli passati in sordina negli scorsi anni, un’esperienza che davvero ha saputo distinguersi e osare, questa sarebbe senz’altro Journey To The Savage Planet con la sua identità “frizzantina” e critica.
Oggi, dopo ben 4 anni, ci troviamo in procinto di recensirne il seguito, insicuri ma fiduciosi che il team di Raccoon Logic Studios Inc abbia saputo raccogliere l’eredità di Typhoon nel realizzare un nuovo capitolo altrettanto esplosivo.
Sarà questa la vostra prossima avventura?
Scopritelo in questa recensione!
Narrazione
Revenge of the Savage Planet si apre con un sequenza che toglie ogni dubbio sull’intenzione di proseguire la satira sci-fi del suo predecessore con una trama irriverente in stile corporativo. Il giocatore interpreta un colono spaziale della Kindred Aerospace che, dopo essere stato messo in ibernazione criogenica, si risveglia su un pianeta alieno scoprendo di essere stato appena licenziato dalla mega-corporazione Alta (che ha acquisito la sua vecchia azienda). Abbandonato a sé stesso in un angolo sconosciuto dell’universo, il suo scopo è esplorare nuovi pianeti per recuperare l’equipaggiamento disperso e vendicarsi del suo vecchio datore di lavoro.

La componente narrativa di questo secondo capitolo è quindi leggera e scanzonata almeno quanto quella dell’originale, continuando a mostrarsi attraverso delle scenette recitate surreali e dall’ironia pungente. Ed è proprio questa componente di satira a impostare il mood per l’Intera avventura, rendendo molto più soggettiva la sua godibilità a lungo termine.
Per fare degli esempi concreti, si fa molta leva sull’avidità delle grandi aziende, così come sulla pubblicità/spazzatura, quasi ricalcando il moderno concetto di “brainrot” in una chiave non troppo velatamente critica.
I dialoghi del nostro irritantissimo (volutamente) droide personale, sempre pronto a guidarci durante l’intera avventura, possono risultare esasperanti o eccessivi, e per tanto siamo contenti che il team abbia inserito una opzione per poterne ridurre la frequenza o addirittura azzerarli.
Insomma, la trama di Revenge on the Savage Planet può rivelarsi, a seconda delle vostre attitudini, croce e delizia di un’opera che intende volutamente punzecchiare la vostra sopportazione con interventi irritanti e dall’ironia molto marcata.
Il gameplay
Revenge on the Savage Planet prende a piene mani dalla struttura del primo capitolo, stravolgendolo a partire da una singola, importantissima, modifica: la visuale in terza persona.
Non lo nascondiamo, le prime ore passate sulla superficie di Stellaris Prime sono state un mix fra una grande ammirazione per la cura riposta nelle nuove animazioni e un leggero fastidio per questo particolare cambiamento inaspettato.
Fortunatamente, questa sensazione passa molto in fretta e lascia spazio ad una piacevole fase di adattamento alle tantissime meccaniche di gameplay, fra ritorni e assolute novità. Tra gli strumenti a nostra disposizione troviamo il Proton Whip Tether (una frusta che funge anche da rampino e da lasso), lo Scooter subacqueo Franz e il Goo Investor (utile a spruzzare acqua, lava e acido).
Ciascun nuovo tool, così come una buona parte delle abilità che non staremo a menzionare, apre al giocatore la possibilità di esplorare la mappa in maniera semplificata e al contempo approfondita, rendendo di gran lunga più divertenti e dinamiche le fasi platform di cui il titolo è costellato.

Sfortunatamente, abbiamo trovato le missioni principali piuttosto ripetitive da un punto di vista strutturale, con frequenti reiterazioni dello stesso obbiettivo di difesa, cattura e spostamento dal punto A al punto B. Certo il ritmo scorrevole dell’avventura rende il tutto meno pesante da sopportare, ma rimane un grosso peccato se consideriamo quanto del gioco ci chiede di ripetere le stesse mansioni.
Altrettanto importante in questi termini sarà il tempo dedicato all’esplorazione dei 4 pianeti disponibili, di cui Stellaris Prime rappresenta un “pacifico” assaggio.
Non è infatti un caso che la nostra base principale sia stabilita proprio nelle paludi melmose di Nu Florida, luogo in cui si può cucinare, creare upgrade e arredare a piacimento lo spazio del nostro trailer.
Ad ogni modo, ciascun pianeta nasconde segreti in ogni anfratto e la scansione stile Metroid Prime di piante e creature permette di ottenere ulteriori battute d’effetto (sigh) e informazioni sul mondo circostante, oltre a sbloccare upgrade.
Il tutto è poi condito da un elemento di sopravvivenza e crafting abbastanza elementare; raccogliere silicio, alluminio e materiali vari permette infatti di creare nuovi oggetti presso una stampante 3D installata nella propria base.
Infine, ma non per importanza, Revenge of the Savage Planet offre un sistema di cattura delle creature; dopo aver stordito un mostro colpendo il punto debole, questo si può avvicinare con la frusta per teletrasportarlo nella base di ricerca per accedere allo sblocco di nuovi gadget.
Un’approccio sicuramente preferibile al semplice shooting, che risulta di per sé abbastanza macchinoso e ripetitivo, specialmente nelle fasi iniziali.
Tirando le somme, Revenge of the Savage Planet è un titolo davvero piacevole da sviscerare, specialmente se al vostro fianco avete un compagno (o sarebbe meglio dire “clone di carne”) disposto ad accompagnarvi nella cooperativa online o a schermo condiviso.
Varietà e longevità
Come abbiamo accennato in precedenza, il mondo di gioco è suddiviso in quattro pianeti unici, ciascuno esplorabile interamente senza dover effettuare alcun tipo di caricamento fra una zona e l’altra.
Per darvi un’idea, se Stellaris Prime è coperto di paludi e foreste e Xephyr è un deserto polveroso, Zenithian Rift si fa forza dell’insolito binomio fra tundra gelata e vulcani attivi.
Questa varietà si riflette allo stesso modo nella flora e la fauna di ciascun bioma, talmente tanto che difficilmente rimarrete a secco di nuove scoperte da scansionare.

L’esperienza di perdersi nelle grandi aree che compongono la superficie esplorabile dei vari pianeti regala delle buone sensazioni d’avventura, e non seguire l’indicatore dell’obiettivo per infilarvi in qualche stradina secondaria quasi sicuramente vi ricompenserà con un upgrade o un collezionabile.
Ad ogni modo, anche considerando una certa cura per l’esplorazione degli ambienti, il titolo difficilmente estenderà la sua durata per più di 13-14 ore.
Una longevità che consideriamo tutto sommato più che accettabile, rendendo il titolo lungo il giusto per non apparire eccessivamente ripetitivo o stucchevole.
Comparto artistico e tecnico
Il comparto tecnico di Revenge on the Savage Planet ci ha stupito in termini quasi sempre positivi, ma non senza qualche importante postilla che non potremmo fare a meno di includere.
Il motore Unreal Engine 5 è stato utilizzato con estrema cura, e questo lo sia apprezza tanto nelle fantastiche animazioni dei personaggi e del mondo di gioco quanto negli scenari cartooneschi ma straripanti di dettaglio.
Le varie ambientazioni di cui abbiamo già ampiamente discusso nei paragrafi precedenti sono caratterizzati da colori vivaci e tanta, tantissima personalità, che permea contagiosamente ogni aspetto del titolo.

Purtroppo, non possiamo definirci altrettanto soddisfatti della colonna sonora curata dal compositore Samuel Laflamme che, per quanto perfettamente in tema, diventa ben presto ripetitiva a causa della poca varietà.
Totalmente positiva è invece la nostra esperienza per quanto concerne le performance, che sono rimaste stabili oltre i 90FPS nonostante la risoluzione 2k e la qualità massima con una RTX 4070 e un i7 di 14esima generazione. Per i giocatori che sentissero il bisogno di una spinta in più in questi termini, è possibile attivare il DLSS di Nvidia, l’FSR di AMD o lo XeSS di Intel.
Infine, dobbiamo sfortunatamente segnalare una stabilità molto discutibile per quanto concerne bug, glitch e problemi di connessione, che hanno tempestato a più riprese la nostra esperienza cooperativa rendendola a tratti piuttosto frustrante.
Ringraziamo PressEngine per averci fornito una chiave del loro gioco per realizzare questa recensione.
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