Recensione Pipistrello and the Cursed Yoyo – Tra nostalgia e novità

C’è un filo invisibile che lega alcune delle esperienze più memorabili nel mondo del gaming: la capacità di emozionare, sorprendere e lasciare un buon ricordo nella mente non solo di noi giocatori, ma anche degli sviluppatori. Basti pensare a giochi come Earthbound, con il suo umorismo surreale e la narrazione toccante, o Undertale, che prende a piene mani dal primo e ridefinisce il concetto di RPG con le sue scelte morali e i suoi personaggi indimenticabili.

E, come tutte le forme d’arte, nemmeno il medium videoludico è esente dall’inifinita spirale del citazionismo. Ed è in questo stesso contesto ispirazionale che ha vita Pipistrello and the Cursed Yoyo, la piccola gemma indie sviluppata da Pocket Trap e pubblicata da PM Studios che fa l’occhiolino ai grandi classici del passato non tanto nel gameplay, quanto nell’umorismo e nell’irriverenza dei suoi geniali personaggi.


Una lettera d’amore al passato

Già dal primo istante, ci è sembrato ovvio che il titolo sia un’enorme dichiarazione d’amore ai videogiochi retro, dato che l’animazione di avvio è letteralmente l’inserimento di una cartuccia in una console portatile che ricorda tanto il nostro caro vecchio Game Boy Advance

Se proprio non vi dovesse bastare, nelle impostazioni sono presenti diverse opzioni per applicare dei filtri al display – LCD, pixel perfect e persino entrambi insieme – e inoltre, per i più difficili da accontentare, è presente persino una modalità per emulare il vetrino protettivo dei vecchi schermi, che dà quel nostalgico senso di profondità all’immagine [apprezziamo immensamente la possibilità, ma nulla batte lo schermo OLED della nostra Steam Deck, ndr].

E non solo, perché il feeling, l’estetica, la musica e lo stile curatissimo in pixel art non fanno altro che ricordarci i tempi ormai andati dei titoli con la visuale top-down isometrica e stanze a scorrimento, primi tra tutti i classici Zelda. E potremo rimanere ore e ore a scrivere su questo argomento, ma ora tuffiamoci nell’epopea retro di Pippit e vediamo com’è stata effettivamente la nostra prova di Pipistrello and the Cursed Yoyo!


“Io volevo solo giocare col mio yoyo…”

La trama di Pipistrello and the Cursed Yoyo ruota interamente intorno alle vicende di Pippit, il solito ragazzino viziato che riceve la paghetta tutti i giorni per soddisfare ogni suo hobby. A sponsorizzarci sarà nostra Zietta, ossia Madame Pipistrello, la quale domina incontrastata l’economia dei dintorni grazie al possedimento delle Industrie Pipistrello. Tramite queste ultime tiene infatti in scacco tutta la città grazie alla produzione di energia elettrica, che vende a caro prezzo a tutti gli abitanti e soprattutto alle imprese.

La nostra vita tranquilla prende una svolta inaspettata quando la Zietta si ritrova misteriosamente intrappolata all’interno del nostro yoyo, in seguito all’attacco di quattro malvagi imprenditori che desiderano sbarazzarsene per svoltare i propri affari. Tuttavia, ben presto scopriremo che all’interno dello yoyo c’è solo un quinto dell’anima di nostra zia, e che i restanti frammenti sono dentro le quattro Mega-Batterie che possiedono i boss delle megaditte. 

La missione principale è dunque chiara: dovremo trovare il modo di salvare Zietta recuperando le parti della sua anima. Per farlo, dovremo intraprendere un viaggio attraverso un mondo ricco di enigmi, pericoli e segreti da scoprire, ma soprattutto nel quale avremo un sacco da imparare.

Dipinto di una società capitalista

La società dipinta da Pocket Trap è lo specchio del mondo che conosciamo e, proprio come in Earthbound, non mancano gli NPC che criticano continuamente la società moderna e le tante contraddizioni dei giorni d’oggi: sotterfugi dei subappalti, eccessiva urbanizzazione, sfruttamento dei lavoratori, consumismo sfrenato, speculazione edilizia, marketing molesto (e potremo contiuare all’infinito). 

I nostri avversari non saranno dunque creature mitologiche, ma veri e propri mostri della società: spietati “palazzinari”, magnati del petrolio, boss della mala che gestiscono supermercati e persino un cinico presidente di una squadra di calcio. Proprio un bel ritratto di ciò che accade quotidianamente, ma che spesso dimentichiamo. E tutto ciò ci viene messo davanti agli occhi fin dai primi istanti di gioco, non solo durante il prologo, ma anche durante le prime fasi esplorative, durante le quali entriamo in contatto con la realtà corrotta della città. 

Vi basti pensare che nel lato destro troviamo uno dei quattro boss intento nella costruzione di un (inutile quanto costoso) grattacielo. L’ennesimo, pur di poter speculare sulla gestione degli appalti e accomodare qualche amico, nel mentre il resto della città è disseminato di buche per le strade… un po’ come succede in diverse regioni italiane a causa della costruzione di un (inutile quanto costoso) ponte al sud dello stivale.

Non mancano ovviamente i tanti riferimenti anche alla cultura pop, per rendere più leggera la narrazione: Beyblade, One Punch Man, Chainsaw Man, Yu-Gi-Oh! sono solo alcuni degli esempi delle gag che saranno rintracciabili nei contesti più buffi e allo stesso tempo assurdi.

Abbiamo davvero gradito la cura che Pocket Trap ha riversato nella scrittura del mondo di gioco, facendolo risultare sempre credibile e mai incoerente.


Il primo “Yoyovania”

“Ma in che senso Yoyovania?
Ci fece strano quando leggemmo per la prima volta il termine usato dagli sviluppatori per definire il genere di Pipistrello and the Cursed Yoyo, ma dopo aver concluso la storia principale possiamo affermare con sicurezza che il neologismo coniato da Pocket Trap è più che azzeccato. La struttura di gameplay ricalca pienamente quella dei metroidvania, con una variabile non indifferente: il nostro yoyo. Man mano che avanzeremo nelle zone per recuperare le quattro Mega-Batterie, Pippit imparerà sempre più trick da eseguire col suo strumento, permettendoci dunque di accedere a zone prima inaccessibili e scoprire sempre più segreti nella mappa di gioco. 

Se da una parte la progressione ci ha ricordato i metroidvania, dall’altra il nucleo del gameplay – l’esplorazione e il combattimento – non ha potuto fare a meno di ricordarci i più classici The Legend of Zelda, con stanze piene di enigmi che vi faranno spremere le meningi per ingegnare una soluzione. Abbiamo adorato il livello di difficoltà dei puzzle, mai frustranti e che ci hanno dato più di una soddisfazione, anche le volte in cui ci siamo intestarditi per cercare di trovare la risposta al problema. 

Un combat system tutt’altro che monotono

Per evitare di rendere monotono il sistema di combattimento, il team di sviluppo ha pensato di inserire due elementi che abbiamo amato davvero tanto, vale a dire le Mosse e le Spille. Le prime sono fondamentalmente degli attacchi che potremo equipaggiare a nostro piacimento presso ogni Banco da Lavoro, consentendoci di variare il nostro stile di gioco in base al boss, al numero di mob e, naturalmente, in base ai nostri gusti. Per alcuni boss scoprirete che il parry è molto efficace, mentre per le situazioni più affollate da nemici prediligerete sicuramente mosse di crowd control.

Le spille funzionano invece in modo simile agli amuleti di Hollow Knight, costituiscono parte del nostro equipaggiamento e ci permettono di sfruttare diverse abilità e persino azzardare delle sinergie per formare una vera e propria build. Inoltre, grazie al nostro cugino Pippo, queste ultime saranno potenziabili, al fine di occupare meno spazio negli slot e persino sbloccare nuovi poteri.

Insomma, a nostro parere le scelte di design sono state ancora una volta azzeccate. Abbiamo amato il fatto di poter switchare stile di gioco in base alla situazione in cui ci trovavamo, ma soprattutto l’essere liberi di sperimentare in un gioco dove la nostra creatività è stata sempre premiata.


La vita costa cara

Proprio come nel nostro mondo, in quello di Pippit è il vile denaro a dettare legge, e le
e le azioni che nel resto dei videogiochi sarebbero gratuite, qua hanno un costo. Parliamo ad esempio del sistema di quick travel, che prende forma in ciò che è una rete di taxi e che richiederà al nostro protagonista sia una spesa per sbloccare la fermata, sia una modica cifra per effettuare gli spostamenti. Lo stesso discorso vale per il game over, che decurterà circa il 10% dell’importo presente nelle nostre tasche.

L’unica cosa che non dovremmo pagare saranno i potenziamenti. Sembra facile, vero?
Non è del tutto corretto, perché il sistema pensato per i power-up presenti nel gioco non è il semplice acquisto, bensì un vero e proprio debito. Una volta incontrata la cugina Pepita, sarà disponibile in ogni nostro Rifugio per permetterci di acquisire nuove capacità, tramite la firma di un contratto che ci indebiterà fino al collo. 

Naturalmente, finché non verrà ripagato il nostro obbligo non potremo avere accesso a quel power up e anzi, avremo un malus costante per tutta la durata del debito. Guadagnare un power up ci potrebbe costare uno o più punti nella statistica di Attacco, dei Punti Spilla o persino dei Punti Vita. Non preoccupatevi però, perché è possibile rescindere il contratto in qualsiasi momento, in modo da avere un rimborso parziale e la cancellazione del debuff. 

Una meccanica che inizialmente ci è sembrata essere infame e predatoria, si è rivelata veramente divertente, e ha incentivato continuamente la nostra voglia di fare piazza pulita dei mob per diventare sempre più forti. Abbiamo trascorso tutta la durata del gioco “sotto contratto” e siamo riusciti a superare tutte le sfide principali senza problemi, anche se siamo stati costretti a scindere il contratto proprio davanti al boss finale, a causa del gigantesco malus ai PV dato dall’ultimo potenziamento nel ramo.

Nonostante questo, possiamo affermare con certezza che il livello di sfida offerto da Pipistrello and the Cursed Yoyo non si è mai rivelato eccessivamente alto. I boss offrono un livello di sfida adeguato, mentre le sezioni con un intenso platforming o ricolme di mob risultano soddisfacenti e talvolta impegnative.


Un worldbuilding intricato

Come accennato in precedenza, la costruzione del mondo di gioco risulta credibile e coerente non solo dal punto di vista morale, ma anche nella sua funzionalità intrinseca al gameplay, riuscendo a dimostrare apertamente tutta l’influenza che i titoli di Zelda hanno esercitato sugli sviluppatori.

Le zone della città sono infatti tutte interconnesse, ricche di segreti e soprattutto pensate per un’esplorazione progressiva; ciò che inizialmente sarà bloccato dietro una sbarra sarà sicuramente accessibile in un secondo momento grazie all’ottenimento di un’abilità o di una Mega-Batteria. Pipistrello and the Cursed Yoyo ci da anche una certa libertà di scelta, dato che inizialmente ci vengono proposte due destinazioni e sta a noi decidere da che parte iniziare. Oltretutto, proprio come nella serie della giovane principessa Hyruliana, sono presenti dei macro dungeon principali e ognuno di essi riesce a distinguersi dagli altri grazie alle diverse tematiche, estetiche e nemici sempre vari.

A darci una mano lungo l’esplorazione ci sarà la mappa, elemento fondamentale per riuscire a orientarsi grazie ai segnalini dei punti importanti, ma soprattutto grazie al Rifugio, una sorta di HUB che Zietta ci fa scoprire nelle prime battute del titolo. Quest’ultimo altro non è che il nostro punto di riferimento principale, dove potremo fare ritorno per recuperare completamente le nostre energie, cambiare l’equipaggiamento al banco da lavoro e persino interagire con Pepita e Pippo, i due cuginetti di cui abbiamo accennato in precedenza.

Non mancano all’appello i collezionabili, fortunatamente visibili all’interno della mappa e utili all’accrescimento delle nostre statistiche. I petali di cuore e i frammenti PS – necessari per l’aumento rispettivamente di PV e Punti Spilla – si nascondono solitamente dietro percorsi secondari ricchi di enigmi, lasciando a noi giocatori tutto l’entusiasmo dato dalla scoperta. Esistono per di più anche i diamanti, i quali non fungono da miglioramento per le nostre stats, ma che hanno uno scopo misterioso che non spoilereremo, dato che lo scoprirete da soli verso la fine del gioco.

Nonostante la presenza di innumerevoli rompicapo, segreti e zone di backtracking dove reperire collezionabili, c’è da segnalare l’assenza di vere e proprie side quests. Sì, possiamo intraprendere delle piccole missioni secondarie, ma la maggior parte delle volte si è trattato semplicemente di portare un hamburger all’affamato NPC di turno, lasciandoci un po’ l’amaro in bocca. Vista la natura del gioco, avremmo preferito avere un piccolo sistema di quest secondarie che affiancasse la nostra missione principale, in modo da poter variare anche le attività.


La nostra prova su Steam Deck

Dal punto di vista delle performance, non ci si può assolutamente lamentare. Abbiamo giocato Pipistrello and the Cursed Yoyo sulla nostra Steam Deck OLED a 60FPS costanti, con una durata della batteria di circa 7 ore. Il titolo è verificato per Steam Deck, e infatti non abbiamo mai registrato alcun calo o freeze durante le nostre ore di gameplay.


Pipistrello and the Cursed Yoyo è disponibile su Steam, PS4 & PS5, Xbox One & Xbox Series X/S e Nintendo Switch.

Ringraziamo PM Studios per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.

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Pipistrello and the Cursed Yoyo (PC)
In conclusione...
Pipistrello and the Cursed Yoyo si rivela una vera e propria gemma, con una personalità tutta sua. Un omaggio sentito e intelligente ai grandi classici del passato, tra l'irriverenza dei suoi personaggi, la critica sociale pungente e un gameplay a metà strada tra un Zelda-like ed un metroidvania. Con un'idea semplice ma geniale come lo yoyo, Pocket Trap è riuscita a confezionare un'esperienza che diverte, sorprende e resta impressa, dimostrando come l'innovazione possa nascere anche da un profondo amore per le radici del medium.
Pregi
Feeling retro azzeccatissimo
Combat system divertente
Worldbuilding credibile
Critica sociale attuale e coerente
Difetti
Assenza di vere quest secondarie
9
Voto