Quando Carl Pei, cofondatore di OnePlus, ha deciso di lanciarsi in una nuova avventura con il brand Nothing, in molti si sono chiesti se servisse davvero un altro marchio tech. Oggi, a qualche anno di distanza, la risposta è chiara: sì, ma solo se hai qualcosa di davvero diverso da dire. E Nothing lo ha dimostrato fin dal primo prodotto.
Fondata nel 2020, la startup londinese ha fatto del design trasparente la sua firma estetica. Un linguaggio visivo che rompe gli schemi: invece di nascondere la tecnologia dietro strati di plastica o alluminio, Nothing sceglie di mostrarla con orgoglio. Circuiti a vista, magneti, bobine e griglie diventano parte del look, trasformando oggetti comuni come smartphone e auricolari in piccole sculture hi-tech.
Nel corso degli anni Nothing è dunque riuscita a costruire un’identità forte e riconoscibile. Il primo Phone (1) ha portato sul mercato un design che sembrava venire da un’altra epoca, con la sua scocca trasparente e i LED posteriori “Glyph” che pulsavano come un organismo vivo. I successivi smartphone e la linea di cuffie Ear (1) hanno poi consolidato questa estetica, unendo minimalismo e pulizia delle forme a vibrazioni industrial.
Negli ultimi mesi Nothing ha continuato ad ampliare il proprio catalogo audio, consolidando quella che ormai è una vera e propria identità sonora e visiva. Dopo le Ear (2) e le Ear (a), che recensiamo oggi, il brand ha alzato ulteriormente l’asticella con le Nothing Ear (3), le (open) e le prime Headphone (1), un debutto nel mondo delle over-ear che segna un passo importante nella crescita dell’azienda. È la dimostrazione di come Nothing non sia più solo una startup in cerca di attenzioni, ma un brand che sta costruendo un ecosistema audio solido e riconoscibile, capace di spaziare tra fasce di prezzo e formati diversi senza perdere coerenza stilistica.

Ed è proprio in questo contesto che abbiamo deciso di tornare a parlare delle Nothing Ear (2) e delle Ear (a). Non una recensione fatta di prime impressioni o di ascolti al volo, ma un’analisi arrivata dopo mesi di utilizzo reale, centinaia di ore di test su differenti device e confronti quotidiani. Ce la siamo presa con calma — come avevamo già fatto con le SoundPEATS Capsule3 Pro — perché troppo spesso ci si dimentica che la vera bontà di un paio di auricolari si misura nel tempo, non nel primo mese di ascolto.
Solo così si capisce davvero quanto valgono: se la batteria regge, se le finiture resistono, se la connessione resta stabile e se il suono mantiene la stessa qualità del primo giorno.
E ora che le abbiamo messe alla prova fino in fondo, è arrivato il momento di raccontarvi come se la cavano davvero le Nothing Ear (2) e le Ear (a).
PACKAGING E DESIGN
Il packaging delle Nothing Ear (2) e delle Ear (a) segue perfettamente la filosofia del marchio: semplicità, trasparenza e cura nei dettagli, senza fronzoli inutili. Anche prima di aprirle, si capisce subito che Nothing vuole comunicare un’identità precisa — pulita, riconoscibile e coerente con tutto il suo ecosistema.
La confezione delle Ear (2) rispecchia la loro anima più “premium”: linee essenziali, materiali di qualità e una presentazione quasi chirurgica. Dentro troviamo gli auricolari, la custodia trasparente, tre paia di gommini in silicone (S, M, L), un cavo USB-C e la consueta documentazione rapida. Tutto è sistemato con ordine maniacale, in perfetto stile Nothing. Anche se non c’è molto altro, la sensazione è quella di un prodotto curato in ogni aspetto, dove anche lo spazio bianco della confezione “respira” design.
Le Ear (a) invece puntano su un’impronta più leggera e pop, sopratutto se decidete di prendere il modello giallo canarino, confezione più semplice dunque, ma ugualmente funzionale: auricolari, custodia di ricarica, gommini in tre misure, cavo USB-C e manuale.

C’è però un piccolo difetto che accomuna entrambi i modelli: per quanto le confezioni siano visivamente curate, alla fine restano scatole di cartoncino con apertura “a strappo”. Il risultato è che, anche volendo conservarle con attenzione, non torneranno mai completamente intonse; un dettaglio che i collezionisti o gli appassionati di unboxing perfetti noteranno subito. È un peccato minore, certo, ma stride un po’ con la precisione quasi ossessiva del design Nothing.
Se il packaging trasmette già l’idea di cura e coerenza stilistica, prendere in mano le custodie trasparenti delle Nothing Ear (2) e delle Ear (a) conferma subito la differenza tra i due modelli. Le Ear (2) mantengono uno stile netto, quasi “architettonico”: linee squadrate, finiture precise e trasparenze che lasciano intravedere i componenti interni delle vostre nuove earbuds. Il contrasto tra il corpo trasparente e le parti interne, spesso in nero opaco nella colorazione scelta da noi, crea un effetto elegante e tecnico allo stesso tempo, comunicando subito robustezza ed eleganza. Anche le colorazioni seguono questa filosofia: la versione classica è bianca con trasparenze, ma quella nera rende il look più discreto senza perdere la riconoscibilità tipica di Nothing.
Le Ear (a), invece, puntano su un approccio più morbido e sportivo. Le linee tondeggianti e il case compatto le rendono più “pop” e facili da portare in tasca. Il colore principale è un grigio scuro che mantiene un aspetto pulito, mentre alcune varianti più audaci — come il giallo brillante, che abbiamo preferito — aggiungono un tocco di personalità e leggerezza. Nonostante le differenze, entrambe le versioni condividono il tratto distintivo di Nothing: la trasparenza che mostra la tecnologia interna, conferendo quel senso di modernità e continuità con il resto del catalogo del brand.

In termini di costruzione, entrambe le linee danno un’impressione di solidità superiore alla media degli auricolari true wireless in questa fascia di prezzo, e infatti, a più di un anno dall’acquisto, entrambi i modelli (complice anche il fatto che sono stati protetti con delle custodie in tpu) rimangono immacolati e perfettamente funzionali nonostante un uso non proprio delicato, sopratutto per quanto riguarda le Ear (a). Il corpo delle custodie è compatto e robusto, le giunture curate, e anche le cuffie, nonostante dozzine di cadute, si mantengono in condizioni perfette, sia dal punto di vista estetico che sonoro.
HARDWARE E BATTERIA
Prima di entrare nei dettagli della nostra recensione, è utile fare chiarezza su cosa promette Nothing con le Ear (2) e le Ear (a). Le Ear (2) rappresentavano all’uscita il modello più avanzato del brand, con un focus sulla qualità audio e sulla connettività avanzata: driver da 11,6 mm a doppia camera, supporto ai codec LHDC 5.0 oltre ai classici AAC e SBC, certificazione Hi‑Res Audio e cancellazione attiva del rumore (ANC) dichiarata fino a 40 dB. La connettività si basa su Bluetooth 5.3, con modalità a bassa latenza, riconoscimento auricolare, doppia connessione e resistenza a polvere e schizzi certificata IP54 sugli auricolari e IP55 per la custodia. La batteria promette fino a 6,3 ore di riproduzione senza ANC, estendibili fino a 36 ore con la custodia; con ANC attivo i valori scendono a circa 4 ore solo auricolari e 22,5 ore con la custodia, mentre 10 minuti di ricarica dovrebbero fornire circa 8 ore di ascolto, dei risultati buoni, ma non spettacolari insomma.
A livello di microfoni invece Le Nothing Ear (2) sono dotate di tre microfoni per ciascun auricolare, per un totale di sei microfoni complessivi. La tecnologia adottata, denominata “Clear Voice Technology”, è progettata per ottimizzare la cattura della voce durante le chiamate e migliorare l’efficacia della cancellazione del rumore ambientale.
Le Ear (a) puntano invece a un target più sportivo, dunque offrono alcune specifiche più moderate, a fronte di una batteria decisamente più capiente. I driver sono leggermente più grandi, da 12,4 mm in Bio‑fibre + TPU, e l’ANC dichiarata arriva fino a 42 dB, con quattro microfoni (due per auricolare) e anch’esse supporto alla tecnologia Clear Voice. La connettività è affidata a Bluetooth 5.4, mentre la batteria dovrebbe garantire fino a 8 ore di riproduzione con ANC disattivato e un totale di 35,5 ore con la custodia; una ricarica rapida di 10 minuti permette circa 5,5 ore di ascolto. Anche qui gli auricolari sono certificati IP54 contro polvere e schizzi.

Il nostro parere sulle Nothing Ear (2) e (a) è positivissimo, entrambe mostrano fin da subito quanto il brand abbia lavorato sull’hardware per offrire un prodotto solido e funzionale. Gli auricolari hanno una costruzione compatta ma robusta, con materiali che trasmettono sicurezza al tatto e una sensazione di qualità superiore rispetto alla maggior parte delle cuffie true wireless della stessa fascia. I componenti interni, visibili attraverso la trasparenza dello stelo e della parte superiore, danno un’impressione di precisione quasi chirurgica: ogni dettaglio sembra posizionato con cura, dal microfono agli altoparlanti, passando per le piccole bobine che danno vita al suono.
Nel complesso, l’hardware delle Ear (2) dà sicuramente all’utente una qualità audio superiore e un’ANC lievemente migliore, mentre la batteria delle (a) regge senza problemi un uso intenso, confermando che Nothing ha pensato questi auricolari non solo per stupire esteticamente, ma anche per garantire performance concrete nel tempo. I microfoni delle Ear 2 poi garantiscono una buona riproduzione della voce e con il supporto della tecnologia ANC , risultando affidabili in contesti quotidiani. Le Ear (a), pur avendo una configurazione simile, tendono a offrire una qualità leggermente inferiore nelle chiamate, soprattutto in ambienti rumorosi o durante movimenti intensi, a causa dei due microfoni in meno, ma si tratta di differenze tutto sommato di pochissimo conto, a meno che non abbiate davvero esigenze specifiche.
ERGONOMIA E COMFORT
Se il design e la costruzione delle Ear (2) e delle Ear (a) impressionano visivamente e l’hardware restituisce degli ottimi risultati in fase di chiamata e di ascolto, l’esperienza quotidiana passa inevitabilmente per come si indossano e come si sentono nelle orecchie. Ed è qui che le differenze tra i due modelli emergono in modo più evidente.
Le Ear (2) hanno una forma leggermente più squadrata e un corpo compatto che aderisce bene al padiglione. Grazie ai tre gommini in silicone di diverse misure, è relativamente semplice trovare la calzata ideale, anche se chi ha orecchie particolarmente piccole potrebbe sentire gli auricolari un po’ ingombranti, sopratutto durante le prime ore d’uso. Una volta inserite correttamente, però, la stabilità è ottima: si possono usare per camminare, correre o fare attività leggere senza rischio che cadano. La pressione all’interno dell’orecchio è contenuta, e la sensazione generale è di solidità e sicurezza, quasi “da auricolare professionale”, il peso e la forma però, portano l’utente a voler fare delle pause di tanto in tanto, motivo per cui abbiamo preferito usarle come earphones da scrivania rispetto all’altro modello.
Le Ear (a), invece, puntano tutto sulla leggerezza e sulla comodità immediata, data la natura
più ”gym-bro” di queste cuffie. La forma più tondeggiante e lo stelo più corto le rendono molto facili da inserire e da estrarre, e la pressione sull’orecchio è praticamente inesistente. Si percepiscono quasi come “cuffiette invisibili”, perfette per chi le indossa molte ore al giorno o le usa per ascoltare musica e podcast in casa o in ufficio. La stabilità è buona, anche se , nonostante la comodità maggiore, nelle attività sportive più intense possono risultare leggermente più mobili rispetto alle Ear (2) e scivolare dal padiglione, sopratutto dopo una sudata intensa. Insomma, per chi pratica trail running, fate attenzione a non perderle nella vegetazione. In ogni caso, non preoccupatevi troppo: entrambi i modelli dispongono di una funzione di ritrovamento che emette un segnale sonoro quando avvicinate le cuffie alla custodia o al telefono.
In entrambi i casi comunque, Nothing ha fatto un ottimo lavoro nel bilanciare comfort e design, senza sacrificare la tenuta o la facilità d’uso.
QUALITÀ AUDIO & ANC
Le Nothing Ear (2) colpiscono subito per la chiarezza del suono. I driver da 11,6 mm combinati con il supporto ai codec LHDC 5.0 permettono una resa dettagliata, dove basso, medi e alti sono ben bilanciati e ogni strumento trova il suo spazio. Ascoltando uno dopo l’altro diversi brani complessi, sia tecnicamente che a livello di composizione, e con sound decisamente diversi, ad esempio Tom Sawyer dei Rush e Tommy The Cat dei Primus , è impossibile non notare la definizione dei bassi elettrici e delle batterie delle rispettive canzoni, che sono resi in maniera nitidissima a un volume ottimo, senza però sovrastare gli altri strumenti o la voce. Anche a livello vocale, per podcast, documentari o semplicemente in chiamata, le Ear(2) hanno un suono bilanciato e convincente. Anche l’ANC si fa notare: sebbene non raggiunga i livelli di modelli decisamente rivolti al pubblico Hi-Fi, riduce quasi del tutto rumori costanti a bassa frequenza. In particolare abbiamo avuto modo di testarle e apprezzarle durante il nostro orario lavorativo mattiniero in studio, usandole per mantenere la pace dei sensi nonostante il passaggio, sotto la nostra finestra al primo piano, di studenti adolescenti, vecchiette, camion della nettezza urbana e altri fastidi.

Le Ear (a) ovviamente, a fronte di specifiche e un prezzo più moderati, offrono una qualità audio più semplice, ma comunque convincente. I driver da 12,4 mm in Bio‑fibre + TPU offrono bassi lievemente meno potenti, ma un suono chiaro e forse anche più bilanciato, con medi definiti e alti piacevoli, e l’ANC, pur non essendo potente come quello delle Ear (2), si difende benissimo nella maggior parte degli scenari quotidiani, come viaggi in treno, corse in giornate ventose o il semplice passare l’aspirapolvere. Anche con questi auricolari, dialoghi e musica rimangono nitidissimi, con uno sfondo sonoro sufficientemente corposo da garantire un’esperienza coinvolgente.
Entrambi i modelli si adattano bene a qualsiasi dispositivo, dal PC agli smartphone, passando per tablet e TV. Se li si collega a un laptop per guardare serie o film, il suono resta definito e la latenza accettabile, mentre collegati a un telefono per ascoltare musica, la resa rimane fedele alle promesse. Anche durante sessioni di gioco, le Ear (a) si comportano sorprendentemente bene: i passi dei nemici, gli spari e l’ambiente sonoro sono chiaramente distinguibili, senza echi o confusione. Le Ear (2), invece, danno un’esperienza un pelo più immersiva con film o tracce musicali ricche di dettagli, come la colonna sonora di Blade Runner 2049, con bassi più profondi e ambienti sonori più “larghi” e articolati.
APP E COMANDI TOUCH
Un punto di forza delle Ear (2) e Ear (a) è sicuramente il supporto software. L’app Nothing X , per Android e IOS , consente infatti di personalizzare molte funzioni, dall’attivazione dell’ANC alla gestione dell’equalizzazione, fino a controlli più avanzati come la modalità trasparenza e la gestione dei dispositivi collegati. Chi possiede un Nothing Phone beneficia di un’integrazione ancora più fluida: le funzioni dell’app sono incorporate direttamente nel sistema operativo e tutte le impostazioni sono richiamabili direttamente dal sistema senza necessità di installare alcunché, rendendo tutto più immediato e comodo.
Per chi usa i dispositivi su PC, esiste anche un’interessante soluzione realizzata dalla community: un’utility web che permette di modificare le impostazioni via browser, aggiornare il firmware e configurare alcune funzioni che normalmente sarebbero accessibili solo tramite app. Questo approccio evidenzia come Nothing abbia saputo creare un ecosistema aperto e flessibile, che si adatta perfettamente alle diverse abitudini degli utenti, che a loro volta partecipano appassionatamente al miglioramento di esso.

I comandi touch sono un’altra area in si percepisce la differenza costruttiva dei due modelli. Sulle Ear (2), il touch sul lato piatto dello stelo permette di gestire la riproduzione musicale, rispondere o rifiutare chiamate, attivare l’ANC o la modalità trasparenza e persino richiamare l’assistente vocale, il tutto comodamente. Le Ear (a) invece modificano la posizione e la forma dei tasti, causando qualche difficoltà a livello tattile: a volte i comandi non vengono riconosciuti, mentre in altre occasioni — soprattutto durante attività sportive o movimenti intensi — possono attivarsi accidentalmente, ad esempio in base a come si piega la testa, o se indossate orecchini particolarmente voluminosi. I comandi di entrambi i modelli possono essere modificati a piacimento sempre dall’ottima app Nothing X.
Proprio attraverso questi comandi touch, Nothing ha introdotto una delle sue novità più interessanti: l’integrazione nativa di ChatGPT direttamente all’interno delle Ear (2) e delle Ear (a). Con un semplice gesto di “pinch & hold” sul gambo, l’utente può attivare l’assistente e interagire vocalmente con l’intelligenza artificiale senza dover estrarre lo smartphone, rendendo l’esperienza d’uso più naturale e immediata. La funzione è già integrata nelle cuffie, ma al momento è pienamente disponibile solo per chi utilizza un telefono Nothing con sistema aggiornato. Durante l’uso, ChatGPT risponde direttamente attraverso gli auricolari, offrendo spiegazioni, traduzioni o conversazioni più fluide rispetto agli assistenti vocali tradizionali come Google Assistant o Siri.
Pur essendo una funzione interessante e potenzialmente innovativa, l’integrazione di ChatGPT nelle cuffie Nothing resta però piuttosto limitata nelle sue possibilità pratiche. L’assistente, infatti, non può accedere ai dati di sistema, ai contatti, al calendario o ai dispositivi connessi, impedendo di svolgere operazioni quotidiane come impostare promemoria, gestire eventi o controllare la domotica domestica. In sostanza, si comporta più come un’interfaccia conversazionale autonoma che come un vero assistente vocale integrato nell’ecosistema del telefono. Proprio per questi motivi, chi scrive ha preferito impostare — sempre tramite Nothing X — un assistente tradizionale, richiamabile con la stessa pressione dei tasti.
LE NOTHING EAR (2) e (a) NEL 2025
Vale la pena chiedersi se, nel 2025, Nothing Ear (2) e Nothing Ear (a) abbiano ancora senso. In un mercato audio che evolve velocemente, con nuovi codec, funzionalità smart e concorrenti sempre più agguerriti, la risposta è un “sì” condito da qualche precisazione.

Da un lato, le Ear (a) rappresentano tuttora una scelta molto valida per chi cerca un paio di auricolari completi da ”strapazzare”, dal buon suono e ANC, qualità costruttiva (e conseguente ciclo vitale) e dal design distintivo, senza spendere cifre elevate. Vengono oggi trovate nuove a meno di 90 €, un prezzo che li rende un affare – considerando tutto ciò che offrono.
Dall’altro lato, le Ear (2), potenzialmente un must have, sono già state formalmente sostituite nel catalogo dal nuovo modello aggiornato delle Nothing Ear e dalle Ear (3) , dunque, a meno che non si decida di prenderle usate, si trovano soltanto fondi di magazzino a prezzi decisamente non competitivi. Se dunque si ha un budget adeguato e voglia di stare al passo con le ultime funzioni e tecnologie, conviene valutare un modello più recente.
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