Quando per la prima volta vidi Necrophosis non potei resistere alla tentazione di paragonarlo ad un titolo che, fra tante critiche e qualche bocciatura, riuscì a soddisfare quel morboso bisogno di veder costruite di fronte a me quelle medesime atmosfere inquietanti e stranianti del maestro Zdzisław Beksiński; stiamo parlando ovviamente di Scorn.
Necrophosis sembrava proprio intenzionato a riprendere questa strada, ma proponendosi come un’esperienza più “poetica”, meglio integrata nei toni in quello che sono i canoni della narrativa orrorifica dalle tematiche cosmiche, alla lovecraftiana maniera.

Per chi conosce le opere del grande maestro della letteratura di Providence, è meglio specificare che non si tratta della tipica narrativa che viene solitamente trasposta nei videogiochi come “Il richiamo di Cthulhu”, piuttosto che “Dagon” o “La maschera di Innsmouth”, bensì il più complicato e di difficile lettura “La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath”, con tutte le prolissità e arcaicità del caso.
Stiamo quindi parlando di un titolo che si prende molto sul serio, talvolta risultando terribilmente pesante, per onorare un tipo di scrittura destinata agli appassionati più fedeli e dedicati del genere.
Siete pronti a varcare la soglia?
L’eterno vi attende.
Narrazione
È veramente difficile parlare di Necrophosis da un punto di vista strettamente narrativo, non tanto per l’effettiva complessità di ciò che accade a schermo quanto piuttosto per il tono estremamente aulico e vago dei dialoghi.
Ad ogni modo, il gioco si ambienta diversi miliardi di anni dopo la fine dell’universo, in un contesto in cui un morbo chiamato Necrophosis sta rapidamente consumando ogni cosa. Ci sveglieremo in questa landa sabbiosa e spettrale, ricoperta di gigantesche ossa, cadaveri e strutture dall’aspetto alieno per quanto biologico, decidendo di seguire la strada spianataci da una strana figura (che sia Nyarlathotep?) che comunica per versi e strofe dal significato piuttosto vago.
Da quel momento in poi ci incamminiamo lentamente verso una metà imprecisata, affrontando situazioni sempre più inquietanti e criptiche, che sembrano seguire un filo conduttore che in verità è molto facile smarrire.

Da questo punto di vista, Necrophosis non è un titolo per tutti e non ha mai pretesto di esserlo; aspettatevi per tanto “un’esperienza” visiva e artistica ancor prima che un’opera tradizionale.
Gameplay
Il gameplay di Necrophosis è piuttosto semplice, unendo fasi esplorative ad una sequela di puzzle piuttosto intuitivi che però, nel bene o nel male, non ci guidano mai per mano nella ricerca di una soluzione. Il gioco tende a mantenere la sua tipica imperscrutabilità anche in questi elementi, assicuratevi per tanto di aguzzare la vista e visualizzare per bene ogni anfratto dello scenario.

Ad ogni modo, gli enigmi sono piuttosto variegati per quanto molto semplici, e coinvolgono a volte la possessione di corpi estranei per il raggiungimento di mete altrimenti impossibili per il nostro grinzoso alter-ego.
Se siete delle persone poco pazienti, vi sarà sicuramente utile sapere che non è data al giocatore la possibilità di skippare i dialoghi, il cui quantitativo di certo non può essere ignorato per via della loro prolissità.
Una cosa che comunque non ci sorprende, considerando che il titolo dura circa 3 ore e difficilmente si farà rigiocare nuovamente se non da un pubblico di circoscritti appassionati.
Se invece avete intenzione di approcciarvi al titolo come un horror classico, sappiate anche in questo caso che il titolo inquieta costantemente ma difficilmente spaventa, soprattutto se siete coscienti delle ispirazioni artistiche da cui riprende a piene mani e con grande rispetto.
Comparto artistico e tecnico
L’aspetto sicuramente vincente di questa piccola produzione è senz’altro quello artistico, che vede, come anticipato, il suo obiettivo nella riproduzione in scala videoludica di quelle atmosfere cupe e ricercatissime del maestro Zdzisław Beksiński. Sotto questo punto di vista l’opera del team di sviluppo è stata semplicemente accademica, forse più di quanto lo sia stata quella molto più rielaborativa di Scorn. Certo, non pretendiamo la stessa qualità in termini di modelli ed animazioni dell’opera di Kepler Interactive, ma alcuni degli scenari di Necrophosis riescono ad essere meravigliosi quanto affascinanti nel loro impatto d’insieme.

Il mondo di Necrophosis è riuscito a farci sentire piccoli, intrappolati e allo stesso tempo parte integrante di un mondo appassito e privo di speranza, non tanto nei termini tradizionali quanto piuttosto di totale assenza concettuale del termine.
L’unica critica che ci sentiamo di porre è effettivamente quella al doppiaggio inglese che chiariamo non essere fatto male, ma comunque totalmente fuori posto in questo contesto e se applicato a certi personaggi mostruosi.
Per quanto concerne gli aspetti più tecnici, il titolo ci è sembrato piuttosto solido e ben ottimizzato, potendo vantare anche dell’integrazione del DLSS per chi ne avesse bisogno. Certo, la presentazione dei menu non è particolarmente invitante o professionale, ma tutto ci è parso funzionare alla perfezione dopo qualche piccolo inghippo con la risoluzione.
Ringraziamo Keymailer per averci fornito una chiave del loro gioco per realizzare questa recensione.
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