Mesi fa avevamo accolto l’annuncio di Elden Ring Nightreign con un articolo che esprimeva una certa eccitazione seppur con un forte retrogusto di timore verso l’ignoto.
Se da un lato Elden Ring è stato uno dei titoli più importanti della generazione e la nostra redazione l’ha voluto riconoscere come tale, Nightreign è un progetto totalmente anomalo per gli standard di From Software, trattandosi di un’esperienza votata alla cooperazione e al ritmo mordi e fuggi più adrenalinico.
A non convincere pienamente erano anche le varie scelte strane (che confermiamo tali) legate allo struttura stessa del gameplay, dal numero di giocatori limitato al trio e al solo, alla incapacità di inserire un vero sistema di comunicazione interno al software di gioco.

Dopo svariati tentativi abbiamo finalmente portato a termine la nostra missione da Crepuscolari, e siamo pronti a parlarvi della nostra esperienza nel dettaglio.
Narrazione e trama
In Nightreign, From ha voluto allontanarsi in maniera decisa dalle architetture narrative dei suoi titoli precendenti, prediligendo qualcosa di meno incisivo ma più libero e ricco di opportunità in vista di futuri inserimenti.
Interpretiamo un Crepuscolare, un instancabile eroe convocato alla Roundtable Hold per portare a termine una missione disperata, uccidere tutti i Nightlords per ripristinare l’antico splendore di Limgrave.
Il mondo di Nightreign è infatti il risultato di una particolare catastrofe avvenuta nell’Interregno dopo lo Shattering, a riprova del fatto che ci troviamo in un universo parallelo rispetto alla narrazione originale.
Questa decisione, già preannunciata nelle interviste al director Junya Ishizaki, nasce dalla volontà di non sciupare in alcun modo il minuzioso castello di carte composto di mitologie e allusioni messo a punto da Miyazaki con Elden Ring e Shadow of the Erdtree.

Abbandonando una struttura narrativa tradizionale, questo spin-off sceglie di sfilacciare la trama in tanti frammenti, disseminati nel corso delle partite sotto forma di rimembranze.
La trama si snoda così attraverso codici testuali, dialoghi secondari e missioni opzionali che si sbloccano accumulando esperienza con gli otto personaggi giocabili, ciascuno con la propria progressione narrativa e non solo, considerando che portare a termine le rimembranze ci permetterà di sbloccare una varietà di potenziamenti permanenti.
È un sistema interessante, a tratti affascinante per chi ama il racconto ambientale e l’indagine passiva, ma che rischia di risultare indigesto per chi si avvicina a Nightreign aspettandosi la stessa coerenza mitologica e la stessa cura nel worldbuilding che hanno reso celebri i titoli diretti da Miyazaki.
Troppe volte si ha la sensazione che gli elementi familiari vengano riutilizzati più per richiamare l’immaginario che per espanderlo. Un’approccio che senza dubbio potrebbe infastidire i fan più legati agli aspetti loristici delle opere di From, che hanno da sempre guardato alla narrazione implicita di From quasi religiosamente.
Insomma, Nightreign non è di certo la punta di diamante della narrativa soulslike, ma se inquadrato nelle sue intenzioni dichiaratamente aprocrife ed alternative, riuscirete a scorgere le fondamenta solide per un titolo che fa del gameplay il suo aspetto centrale.
Gameplay
Nightreign è, volendo banalizzare, una versione sotto steroidi di Elden Ring, sia per tempistiche di gioco che per le meccaniche di gameplay.
Il classico sistema di classi viene riproposto in maniera molto più marcata nella selezione dei Crepuscolari, degli eroi dalle abilità e capacità totalmente distinte e situazionali, pensati per combaciare fra loro nella realizzazione di un team cooperativo che si completi.
Non è infatti difficile distinguere fra questi l’ibrido “factotum”, il tank DPS, il cecchino e via discorrendo.
Una partita di Nightreign si articola in 3 giornate, le prime due di 15 minuti ciascuna e l’ultima in cui dovremo esclusivamente affrontare il boss finale della notte.
In questo arco temporale non si contano i boss da affrontare al termine di ciascuna giornata, i quali dropperanno delle abilità o bonus per il nostro personaggio.
Durante i 15 minuti che scandiscono la durata completa di una giornata sarà nostra premura affrontare quanti più boss, nemici e dungeon possibili per accumulare armamenti, rune e consumabili in vista dello scontro finale.
Per adattarsi al meglio a questi nuovi ritmi estremamente frenetici, la struttura di gioco è stata fortemente alterata nelle sue meccaniche più elementari, fino a toccare il movimento e combattimento.

Innanzitutto, morire in Nightreign non indica necessariamente un game over; avremo infatti la possibilità di salvare i nostri compagni colpendoli fino a riempire la relativa barra. All’infuori delle bossfight, morire significa perdere un livello e vederselo restituito sottoforma di rune, mentre nel caso di quest’ultime saremo sconfitti definitivamente solo nel caso finissimo tutti e 3 atterrati allo stesso tempo.
Anche il sistema di level up è stato totalmente ripensato per l’occasione, consistendo in un percorso lineare dettato dalla (importantissima) scelta della classe, che non richiederà la solita attenzione minuziosa alle statistiche bensì si limiterà alla pressione di un tasto nei pressi di una grazia. Ciascun personaggio avrà anche a disposizione una potentissima ulti e talvolta delle meccaniche uniche, ad esempio la schivata della duchessa e il parry alla Sekiro (da aggiungere alla possibilità di trasformarsi in una bestia) del ben più esposto giustiziere.
Il sistema di movimento era necessariamente destinato a mutare in funzione dei nuovi ritmi di gioco, motivo per il quale i Crepuscolari possono correre ad una velocità assurda, così come non subiscono alcun danno da caduta e possono arrampicarsi su qualsiasi struttura utile con il salto a parete in pieno stile Sekiro.
Sparsi qui e lì nella mappa troveremo anche degli alberi utili ad evocare un falco che ci permette di sorvolare velocemente porzioni di Limveil per poi lanciarci dall’alto in prossimità dell’obiettivo.
Tutto ciò che concerne i cambiamenti apportati alla formula di gioco ci ha convinto pienamente, anzi, sarà difficile tornare ad Elden Ring senza poter fare affidamento su un sistema di movimento così efficiente. Non è un caso che il director del progetto sia proprio colui che si occupa ormai da moltissimi anni del sistema di combattimento dei soulslike di casa From; conosce perfettamente il suo lavoro e Neightrein è senza dubbio il magnus opus del combat system di questo genere.

La mappa di Nightreign è sempre la stessa, ad eccezione di qualche periodico mutamento di una porzione centrale con l’apparizione di biomi-evento con annesse quest e ricompense.
Questa può inoltre essere visualizzata nella sua interezza con la pressione di un pulsante, consultando informazioni sulle varie strutture che è possibile esplorare ed informando i compagni sulle nostre intenzioni.
Ed è qui che sorge uno dei primi, tanti, problemi di questo esperimento in salsa multigiocatore: l’assenza di un sistema di comunicazione effettivo e la terribile tendenza dei giocatori random di prendere la propria strada e morire nel tentativo.
Nightreign, com’è scontato pensare, non è affatto un gioco facile, e richiede che gli utenti si sappiano coordinare per affrontare i diversi ostacoli che infestano la mappa.
Trovarsi lontano da un alleato in Nightreign non significa soltanto non poter contare sul suo aiuto in combattimento, ma anche non poterlo soccorrere nel caso si trovi in fin di vita.
L’ingenuità di From Software nel non offrire al giocatore alcun sistema di comunicazione interno può chiaramente essere facilmente sorvolata dall’utilizzo di software come Discord o la chat integrata di Playstation/Steam/Xbox… ma non per questo si può totalmente giustificare.
La longevità e i contenuti
Uno degli aspetti che ci aveva colpito abbastanza negativamente durante la presentazione di questo titolo era la volontà da subito palese di riutilizzare tutti gli assets possibili da Elden Ring (e qualcuno anche dai tre Dark Souls). Si tratta di una pratica rinomatamente diffusa nelle opere di From ma che abbiamo sempre giustificato senza problemi in funzione della loro capacità di adattare ed espandere i contenuti a partire da delle fondamenta solide e ben tarate.

Crediamo che questo Nightreign sia un caso limite nella misura in cui il gioco si sforza davvero poco di tirare fuori delle novità concrete al di fuori dei Night Lords, di cui parleremo in seguito; ma comunque trova il modo di rimescolare il tutto per dare ai giocatori di Elden Ring dei buoni motivi per tornare in questo universo narrativo.
Del resto il titolo viene venduto al medesimo prezzo di Shadow of the Erdtree, proponendosi quasi come un’espansione standalone che da una parte pecca di novità contenutistiche, ma dall’altra offre una longevità effettiva di tutto rispetto e ne promette una potenzialmente eccellente in vista della futura aggiunta di boss, eventi, classi e l’uscita di DLC.
È difficile dire con certezza quanto tempo passerete a Plagaride una volta acquistato il gioco, noi abbiamo impiegato quasi una quarantina di ore per completare tutti i boss attualmente disponibili (una singola volta) in compagnia di un amico.
Quanto From si rivelerà efficiente nel mantenere ben sfamata la comunità è tutto da vedere, parliamo del resto di un esperimento che costituisce un precedente per la casa nipponica, che comunque pensiamo meriti la nostra fiducia.
Il bilanciamento
Nel corso della recensione abbiamo già accennato brevemente alla difficoltà di questo spin-off in chiave multigiocatore, così come abbiamo soltanto citato la presenza di una modalità per giocatore singolo. Ebbene sappiate che se nelle vostre intenzioni c’è quella di avventurarvi da lupi solitari nelle lande di Plagaride, il gioco non farà nulla per semplificarvi la vita, e dovrete affrontare da soli tutto ciò che (non senza difficoltà) dovreste affrontare in 3. Il risultato è un’esperienza frustrante e quasi disperata, al limite dell’impossibile se non siete dei veterani esperti del genere.
Ciò che manca in particolare è la possibilità di curarsi (anche se una vita extra è strata introdotta con una patch post-lancio), rendendo ogni situazione di pericolo infinitamente più critica.

Questo non significa però che anche l’esperienza multiplayer non necessiti di numerosi ribilanciamenti e accortezze per rendersi perfetta. Molti boss appaiono inspiegabilmente difficili a prescindere dal nostro livello, altri tendono a buggarsi, ed altri ancora (specialmente quelli provenienti dai vecchi souls) sono meccanicamente sottotono e rischiano di non dimostrarsi neppure una sfida. Si tratta di un lavoro fatto di statistiche e numerazioni che sicuramente il team di sviluppo apporterà nel tempo, e non vediamo l’ora che il gioco si liberi da queste difficoltà artificiose per inseguire la strada tracciata dai feedback della comunità.
In tutto ciò, l’assenza del duo è qualcosa di veramente spiacevole, seppur la loro introduzione sembri essere nella roadmap degli sviluppatori (sperando includa anche un apposito sistema di scaling).
I Signori della Notte
Mettendo momentaneamente da parte il discorso etico di riutilizzare o meno modelli e nemici di altri titoli affini, ciò che è totalmente nuovo in Nightreign è senza dubbio anche ciò in cui (nella maggior parte dei casi) eccelle.
Parliamo in particolare dei Nightlords, i boss che affronteremo nella parte finale di ciascuna spedizione.

La sensazione che si ha nell’affrontarli è davvero speciale, trattandosi di entità nemiche potentissime, armate di tutto punto per mettere fuori combattimento un team di 3 persone.
Legato a ciascuno di questi vi è una particolare debolezza elementale, così come una strategia che sarebbe meglio seguire sin dalla composizione del party.
Anche perché, e ci teniamo a sottolinearlo, giocare in un ruolo piuttosto che è un altro non è una scelta da poco ma bensì un cambiamento totale nell’esperienza di gioco.
Al di là del fattore spettacolo, che in questo titolo è più forte che mai, si ha quasi l’impressione di star giocando un titolo MMO, con tutte le piccole gimmick e divagazioni del caso.
Ad esempio, un particolare superboss sprigionerà un potente attacco ad area di ghiaccio, per cui dovremo interrompere ogni nostra azione e metterci a riparo dietro ai pilastri nascosti nella foschia.
In linea di massima tutti i Nightlords nascondono nella loro fight qualche sorpresa altamente coreografica, ed affrontali la prima volta è stata un’esperienza davvero stimolante.
La vera problematica è, a conti fatti, doverli raggiungere, dal momento che uscire da una partita ormai degenerata significa venire penalizzati nel matchmaking, e morire prima dei boss notturni è letteralmente impossibile a causa del respawn infinito nelle fasi d’esplorazione.
Skin, progressione ed HUB
È quasi inutile continuare a ripetere il concetto, Elden Ring Nightreign è un roguelike e per tanto presenta una progressione molto lenta e graduale.
Nel caso specifico di questo titolo, ciò che ci segue all’infuori delle partite (oltre alle rimembranze citate nella sezione della trama) sono delle scaglie che potremo equipaggiare negli slot del personaggio attraverso gli appositi menu.
Queste reliquie possono contenere una varietà di effetti passivi o attivi, fra bonus statistici, modifiche specifiche per una data classe e aggiunte elementali improbabili.
Da un punto di vista concettuale questo sistema non è affatto una brutta idea, e quando funziona regala delle grandi soddisfazioni, se non fosse che il 90% delle volte ciò che otterremmo è letteralmente spazzatura RNG con dei bonus veramente troppo specifici per essere di una qualsiasi utilità. Parliamoci chiaro, un sistema del genere è tutto meno che una novità per il genere roguelike, non di meno vorremmo che From si impegnasse nel trovare una soluzione più incisiva che aiuti a definire una progressione permanente altrimenti molto sottile nell’esperienza di gioco.

Tutte queste meccaniche sono accessibili attraverso l’HUB, una tavolata rotonda reinventata quasi da zero che abbiamo trovato onestamente un’enorme passo avanti sull’originale, esteticamente e non solo. L’unico vero peccato è non poterla esplorare in compagnia della lobby multigiocatore, essendo che ciascuno sarà confinato ad un proprio personale universo durante la fase pre-partita.
Sparsi qui e lì per la location troveremo diversi NPC con cui interagire, fra cui un simpatico uomo-vaso che farà da mercante di reliquie, calici ed altre castronerie interessanti quanto opzionali, fra cui una lootbox dei frammenti.
Non preoccupatevi, Nightreign è un’esperienza totalmente priva di microtransazioni, per quanto la presenza di skin di personaggi provenienti dalle precedenti opere From potrebbe far pensare il contrario; tutto si ottiene con l’esperienza e l’accumulo progressivo di anime di ritorno dalle partite.
Nel contesto di questo progetto, infatti, possedere una skin di Havel, Artorias o chi per lui, significa aver completato almeno una volta il boss finale e quindi sfoggiare una certa esperienza pregressa che di certo non disdegneremo all’interno del team.
Al di là degli effetti sulla lore e su chi le dà una grande importanza, un po’ di fanservice è a nostro avviso davvero innocuo, ed è solo un bene che From sia arrivata a questa intuizione in un gioco così fortemente gameplay-oriented.
Comparto tecnico e artistico
C’è poco da dire, da un punto di vista tecnico Nightreign è l’esatto equivalente del gioco base, meno le introduzioni del ray tracing avvenute post lancio.
Si tratta insomma di un titolo old-gen, con un mondo di gioco visivamente strepitoso che stavolta richiederà qualche risorsa in meno essendo sensibilmente più ristretto nelle dimensioni.

Un compromesso accettabile, se non fosse che la versione PC da noi testata altro non è che un porting poco impegnato della versione console, certamente più leggero ma comunque costellato di tanti piccoli problemi che abbiamo risolto solo dopo diversi smanettamenti. È assurdo pensare che il titolo, essendo stato in sviluppo attivo sin dal concepimento dello stesso Elden Ring, non abbia in qualche modo ereditato gli aggiustamenti avvenuti post-lancio.
L’unico aspetto positivo in questo senso è da riscontrarsi nella gestione dei menu e dell’interfaccia, ridefinita per un’esperienza on-the-go e per tanto più pulita e comoda che mai.
Chiusa questa parentesi, bisogna spezzare una lancia a favore dei design e del comparto artistico, sia quello preesistente che quello delle novità introdotte; i crepuscolari sono fantastici ed iconici, così come la maggioranza dei Nightlords sono esteticamente in linea con le migliori trovate stilistiche di casa From.
Altrettanto positive sono le impressioni sulla soundtrack, purtroppo prive della sapienti intuizioni musicali della maestra Kitamura (che ha recentemente deciso di ritirarsi), ma non per questo priva di tracce eccellenti realizzate dai suoi numerosi eredi.
Ringraziamo Bandai Namco per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
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