
Dopo quasi otto anni di sviluppo è disponibile per tutte le piattaforme di ultima generazione il nuovo puzzle/platform 2.5D realizzato da Flatter Than Earth, ossia Once Upon A Puppet.
Il panorama videoludico per quanto riguarda questo genere offre veramente tanto e non è semplice riuscire a mettere in commercio qualcosa di realmente innovativo, creativo e capace di attirare l’attenzione degli appassionati.
La software house statunitense, composta da soli quindici elementi, è riuscita a proporre al pubblico indie un avventura che, se da una parte è risultata decisamente affascinante, dall’altra porta con se alcuni difetti non proprio trascurabili.
Una ventata di aria fresca in un mercato un po’ saturo di platform, un’opera a tratti stimolante che però, come avrete già intuito dal titolo della recensione, non è riuscita nell’impresa di convincerci completamente.
Se volete saperne di più, tuffatevi con noi nel retro palcoscenico creato da Flatter Than Earth, e seguiteci in questa analisi completa.
Trama e narrazione
Nel gioco impersoneremo non uno ma bensì due personaggi: Drev, un burattino di legno esteticamente molto simile a Pinocchio (lo storico personaggio creato da Collodi) e Nevia, una mano tessitrice che, con i fili, ne controlla i movimenti.
Ambientato all’interno di un regno dalle fattezze teatrali, i due protagonisti si ritroveranno “intrecciati” da un destino che li vedrà coinvolti in una particolare missione.

Dovranno infatti cercare di tornare sotto i riflettori del teatro dopo essere stati esiliati nel Sottopalco, un luogo scuro e misterioso in cui vecchie storie, scenografie e relativi personaggi giacciono abbandonate.
Il loro viaggio li porta a dover superare dieci livelli, scoprirne i misteri, svelarne i segreti e affrontare un re dal cuore spezzato, che dovrà essere sconfitto per poter rivendicare il loro posto sul grande palcoscenico.
La trama, semplice nell’idea di base ma articolata nella sua evoluzione, si sviluppa in un luogo di storie perdute e scenografie in movimento, con piattaforme e meccaniche ispirate al mondo delle marionette.
Molto interessante la narrazione marcatamente poetica, che strizza l’occhio alla recitazione e che cattura l’attenzione del giocatore, accogliendolo in un contesto teatrale molto ben rappresentato.


In alcune circostanze i dialoghi e monologhi tendono a dilungarsi un po’ troppo, risultando a volte anche lenti, ma, nel complesso, sia storyline che la sua esposizione sono elementi che abbiamo apprezzato.
Gameplay e longevità
L’opera di Flatter Than Earth si contraddistingue per una connotazione tendenzialmente platform a cui sono stati aggiunte meccaniche puzzle; il nostro burattino è dotato di abilità particolari che gli permetteranno di superare ostacoli e raggiungere piattaforme altrimenti inaccessibili.
Salto, doppio salto, planata, e altre movenze che possiamo ritrovare in tantissimi esponenti del genere; in questo senso Once Upon A Puppet non aggiunge nulla di veramente nuovo a questa tipologia di giochi.
È durante le fasi puzzle, e quindi con l’intervento di Nevia, la mano che controlla il burattino, che si riscontrano i momenti più interessanti e stimolanti.
Attraverso l’attivazione di leve, corde o lo spostamento di oggetti e varie piattaforme lo scenario muterà e svelerà passaggi, percorsi con annessi segreti e vari tipi di collezionabili.

Con il proseguire dell’avventura i nostri eroi acquisiranno altri poteri come ad esempio la possibilità di utilizzare un arco e frecce con cui colpire bersagli su schermo per attivare/disattivare elementi nel mondo di gioco.
L’alternanza tra la fase platform e quella puzzle ci è sembrata bilanciata e ben distribuita rendendo l’esperienza di gioco piacevole e diversificata.
Relativamente al gameplay dobbiamo segnalare che, in più di una circostanza, nelle sezioni a piattaforme come il classico salto tra una e l’altra, il risultato è piuttosto impreciso.
In parte ciò è anche dovuto alla grafica 2.5D del titolo che, contrariamente ai classici del genere bidimensionali, genera una profondità nella prospettiva dello scenario e quindi è necessaria particolare attenzione nell’effettuare le varie acrobazie.
Altra nota un po’ dolente è che il grado di difficoltà (non impostabile dal menu principale) è decisamente basso, e saremo in grado di affrontare con facilità tutti e dieci i livelli con un minimo di impegno e dedizione.
Per concludere l’avventura saranno necessarie poco più di quattro ore di gioco, che possono diventare circa sei cercando di recuperare tutti i pezzi che serviranno a completare un mosaico (presente in ciascun livello), o nell’ultimare una raccolta di vestiti da scena e altri collezionabili.

Non è sicuramente una durata elevata, e la difficoltà bassa del titolo, unita ad una rigiocabilità quasi assente, non lo rendono sicuramente un prodotto appetibile dal punto di vista della longevità.
Comparto tecnico
Dove il gioco ci ha convinto pienamente è sotto il profilo tecnico, e, considerando che stiamo parlando di un platform 2.5D, non è così scontato o banale; i programmatori sono stati in grado di riportare sullo schermo il fascino di un mondo teatrale di sicuro impatto visivo.
L’utilizzo di colori pastello e l’adozione di elementi scenografici come il legno, stoffa e metallo hanno dato all’ambiente di gioco una connotazione artistica in grado di immergere completamente il giocatore nell’avventura.

Anche per ciò che concerne la fisica che interessa ad esempio l’azionamento di leve, funi o l’apertura di botole e lo spostamento di carrelli risulta precisa e ben riprodotta.
Molto buono anche il comparto audio con musiche intriganti che accompagneranno il giocatore durante tutta l’avventura ed effetti sonori che riproducono minuziosamente tutti i vari meccanismi scenografici.
Il gioco è solo in lingua inglese o francese e abbiamo comunque apprezzato la presenza dei sottotitoli in italiano, utili ai fini della comprensione di testi e dialoghi.
Noi abbiamo testato il titolo su PC e il motore grafico non eccessivamente pesante permette al prodotto di essere giocato anche su macchine meno prestanti dal punto di vista hardware; buona la fruibilità anche su sistemi handheld.
Qualche bel SI, ma anche diversi NO
Giunti al termine di questa recensione e tirando le somme, non possiamo purtroppo promuovere appieno Once Upon A Puppet.
Sicuramente va fatto un plauso agli sviluppatori per essere riusciti a creare un prodotto che, dal punto di vista della trama, narrazione e in primis nel comparto tecnico, trova i suoi maggiori punti di forza.

Il gameplay, soprattutto nella fase platform, non propone nulla di veramente nuovo rispetto a quanto già visto in decine di altri esponenti del genere e, come segnalato, in alcuni frangenti è un po’ impreciso; fortunatamente la sezione puzzle risulta essere più interessante e aggiunge un po’ di brillantezza e dinamicità a tutta l’opera.
Dove però il gioco pecca abbastanza è sul fronte longevità; un titolo troppo breve, che in quattro massimo cinque ore di gioco verrà portato a termine e che non stimolerà sufficientemente l’utente a rigiocarlo.
Un peccato, perché questo titolo avrebbe potuto ambire a qualcosa di maggiore, e invece risulta essere un opera teatrale solo sufficiente, che ci ha conquistato in parte e che rischia di perdersi nel grande mare formato dai grandi esponenti del genere.
Ringraziamo PressEngine per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
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