Benvenuti al primo episodio di Fuori Sync – la rubrica degli esclusi dalle classifiche.
In un mondo videoludico sempre più rapido, algoritmico e schiacciato dal clamore del marketing, Fuori Sync si prende il tempo di rallentare. Qui non troverai le uscite del momento né i titoli che dominano le classifiche, ma quei giochi che per motivi commerciali, tempistiche infelici o scelte stilistiche coraggiose — sono passati inosservati. Non perché mancassero di valore, ma perché semplicemente… erano fuori tempo, fuori posto o fuori moda.
Questa rubrica è un atto di giustizia critica: uno spazio per ridare voce a esperimenti trascurati, piccole gemme sommerse e visioni imperfette ma sincere. Perché a volte, ciò che è Fuori Sync è anche ciò che ha più da dire.
NELLO SPAZIO NESSUNO PUO’ SENTIRTI URLARE
Esiste qualcuno che non conosce Alien ? Una delle pellicole più iconiche e influenti nel panorama della fantascienza e dell’horror cinematografico. Uscito nel 1979, il film è noto per la sua fusione di atmosfere claustrofobiche, tematiche inquietanti e una creatura aliena tra le più memorabili della storia del cinema: lo xenomorfo, creato, in tutte le sue orrorifiche fasi vitali, dal disturbante artista H.R. Giger. Un esperimento a basso budget talmente riuscito da dare il via a una saga cross-mediale che, tra alti e bassi, dura da quasi cinquant’anni, e che non accenna a fermarsi.

E tra i vari medium come non citare il videogioco, sin dal 1982 l’epopea horror/fantascientifica di Alien ha visitato costantemente i computer, i cabinati e le console di ogni generazione. In questo senso, l’opera ludica probabilmente più riuscita è Alien: Isolation, un videogioco survival horror in prima persona, sviluppato da Creative Assembly e pubblicato da SEGA nel 2014. Ambientato nell’universo della saga cinematografica di Alien, è un tributo diretto al primo film di Ridley Scott del 1979. Il gioco si distingue per la sua fedeltà stilistica e atmosferica all’opera originale.
E se come noi pensavate che dopo Alien: Isolation che nessun altro gioco sarebbe riuscito a rappresentare la disperata lotta contro gli xenomorfi in modo così credibile, dovete ricredervi, perchè Aliens: Dark Descent, sviluppato da Tindalos Interactive in collaborazione con 20th Century Games e pubblicato da Focus Entertainment, ce l’ha fatta, e se Isolation è un ottimo adattamento delle atmosfere e del mood di Alien , Dark Descent riesce a trasporre dalla pellicola al pad — o ancor meglio, al mouse — tutte le tematiche e le atmosfere del suo indimenticabile seguito.
Aliens – Scontro finale (1986), diretto da James Cameron, rappresenta un cambio di rotta radicale rispetto al primo film: abbandona in parte le atmosfere da horror claustrofobico per virare decisamente verso l’azione, introducendo una colonia spaziale infestata da xenomorfi che amplia significativamente la lore degli alieni, introducendo diverse sottospecie, come la Regina e i Guerrieri, e portando avanti l’idea su cui si baseranno tutte le produzioni del franchise da ora in poi, ossia la struttura sociale dell’alveare.
Importantissima anche la figura del marine coloniale; Duri, cattivi e armati fino ai denti, diventeranno uno dei corpi militari più amati di tutta la storia del cinema, secondi forse solo agli Starship Troopers . Il tono della pellicola, sottolineato anche dalla nuova colonna sonora a opera di James Horner, è molto più frenetico, epico e militare, con scene di combattimento spettacolari e una protagonista, Ripley, che entra in sintonia con i marine diventando ancora più risoluta e combattiva.

Aliens dunque trasforma la paura dell’ignoto del primo film in un confronto epico tra umani e mostri, e tantissimi videogiochi, come il riuscitissimo Alien Vs Predator, hanno cercato di replicare l’esperienza, puntando sul mix di cameratismo, design tecnologico militare retrofuturista e scontri disperati contro un nemico letale e inarrestabile, in ambientazioni opprimenti degne del film.
UN TATTICO AD ALTA TENSIONE
Dopo tanti sparatutto in prima e terza persona, Tindalos Interactive decide di cambiare radicalmente le carte in tavola con Dark Descent, confezionando un videogioco strategico in tempo reale che riesce a trasportare l’azione adrenalinica e l’atmosfera opprimente e claustrofobica di Aliens in un contesto tattico e gestionale.
Ambientato nel 2198, il gioco ci porta sul pianeta Lethe, dove il risveglio di una colonia xenomorfa ha portato il caos. Il giocatore assume il controllo di Mako Hayes, quadro dirigenziale della Weyland-Yutani ritrovatasi in una situazione molto più grande di lei, al suo fianco, il tenente Harper e un’unità di Colonial Marines dovranno contenere la minaccia aliena, salvare i superstiti e svelare i segreti dietro un misterioso complotto. Una classica trama alla Alien con tutti i temi portati avanti dal franchise in questi anni: Un nemico insidioso e inumano, una megacorp malvagia, un pugno di uomini comuni che lottano contro una situazione a prima vista insormontabile in un’ambiente alieno brullo e ostile.

Le particolarità di questo Aliens risiedono nel suo gameplay. Sebbene sotto molti aspetti Dark Descent possa effettivamente ricordare XCOM, sopratutto a bordo della base Otago, dove il giocatore può potenziare strutture, sviluppare tecnologie e curare i marines, gli sviluppatori hanno fatto un magnifico lavoro nel differenziare il gameplay da questo caposaldo degli RTS moderni.
In primis Aliens: Dark Descent sceglie una cifra stilistica debitrice della saga di riferimento, dite quindi addio alla grafica stilizzata e colorata di Enemy Unkown per una palette grigia, marrone e tanto, tanto nera, talmente cupa che giocando con un buon monitor oled ci siamo dovuti affidare alle torce dei nostri marine per poter vedere qualcosa nelle buie e claustrofobiche strutture industriali della Weyland-Yutani.
Differente anche il design di uniformi, armi, veicoli ed ambientazioni, con tantissimi riferimenti alla tecnologia space-retrò proveniente direttamente dalla fantascienza cinematografica anni 70′ e 80′, che abbiamo rivisto di recente anche nel bellissimo Alien: Romulus. Nessuna armatura high tech con riflessi neon, benvenuti fuciloni, mimetiche, astronavi grigie e assolutamente sgraziate e tanti, tantissimi calcolatori con i pulsantoni luminosi, oltre ovviamente a tutte le bioschifezze in perfetto stile Aliens. A livello prettamente qualitativo, parliamo di un’ottima grafica, — al netto di qualche piccola stortura come alcuni modelli di viso dei vostri marines — sicuramente non al livello di un tripla A, ma assolutamente degna di nota.
Numerose poi le novità a livello di gameplay, che rendono Aliens: Dark Descent un’esperienza degna di nota per tutti gli amanti del genere e che portano indubbiamente una ventata di freschezza in un panorama spesso dominato da formule già collaudate. Abbiamo un totale di tredici operazioni, a differenza ad esempio di un Phoenix Point , dove invece molte delle missioni sono generate casualmente e in maniera procedurale. E se vi sembrano poche sappiate che ogni mappa é molto più grande (e con un design più aperto) di quelle a cui ci hanno abituato i tattici a turni moderni, con un ottimo level design che cambia le carte in tavola ad ogni missione e rende molto più interessante seguire la storia, ottimamente recitata. Inoltre ogni mappa conterrà tantissimi obbiettivi che la natura quasi survival horror di questo titolo renderà estremamente complicato portare a termine.

Si perché Aliens: Dark Descent, oltre a un’innovativa combinazione di strategia in tempo reale con una pausa tattica (rallentamento del tempo o pausa vera e propria) quando si devono scegliere determinate azioni (attacchi speciali, cure etc.) offre delle interessanti meccaniche da survival horror, che si amalgamano benissimo con i temi e l’atmosfera della saga. Gestione delle munizioni e dei rifornimenti (medici e meccanici), la possibilità di saldare le porte di stanze ben precise per creare una safe zone temporanea in cui riposare, allentare la tensione e permettere ai marine di leccarsi le ferite (o anche solo per rallentare momentaneamente l’assalto e dare il tempo ai vostri uomini di approntare delle difese).
A questo aggiungete anche un nemico infinito e inarrestabile che pattuglia costantemente la mappa e vi porterà a cercare di evitare gli scontri e nascondervi il più possibile (aggiungendo anche una dimensione stealth). Ogni volta che verrete avvistati verrà scatenato su di voi l’intero alveare , con assalti che diventano sempre più aggressivi e con sempre più xenomorfi coinvolti, sia comuni runner e droni ma anche le terribili truppe d’elité.

Fortunatamente, potrete esfiltrare la vostra squadra in qualunque momento, facendo passare un giorno in tempo di gioco e schierando subito dopo i rinforzi per completare (quasi sempre) senza nessun cambiamento quello che avevate lasciato in sospeso. Ma occhio perchè alcuni eventi della storia decisamente… esplosivi vi metteranno quello che in francese viene definito ”pepe al culo”. Inoltre, alla possibilità di perdere degli elementi cruciali della squadra in missione, dovremo anche tenere conto delle ferite, non solo fisiche (si arriva addirittura all’amputazione di arti e alla sostituzione dei medesimi con protesi cyborg ) ma anche mentali. Sottoponete i marine a troppo orrore troppo a lungo e svilupperanno fobie e comportamenti disfunzionali di ogni tipo, unico modo di guarirli, tenerli a riposo per diversi turni nell’infermeria e nella sezione della Otago dedicata alla cura psicologica.
Anche la gestione del team è radicalmente differente da quello a cui siamo abituati, i giocatori non comanderanno i personaggi uno per uno, ma una squadra composta da quattro o cinque soldati che si muoveranno come un sol uomo, ognuno con delle abilità specifiche e comuni che si attiveranno in automatico contestualmente in base all’azione richiesta. Selezionando un soldato in coma, il medico (dopo aver sbloccato l’abilità relativa) lo curerà , cliccando su una porta bloccata, il tech marine la aprirà, ordinando il montaggio di una torretta automatica, un marine casuale compirà l’azione staccandosi momentaneamente dal gruppo, che rimarrà impegnato in quello che gli è stato ordinato.
”ESCONO DALLE FOTT.. AH, È SCADUTA LA LICENZA? USCIVANO DALLE FOTTUTE PARETI”
Riassumendo quanto detto sinora, questo Aliens: Dark Descent é un gioco assolutamente sopra la media, con una grafica e un gameplay solido, settori entrambi quasi privi di sbavature, a cui dobbiamo aggiungere uno stile artistico assolutamente riconoscibile, un’ottimo doppiaggio e una storia assolutamente godibile. Come difetti, possiamo annoverare solamente qualche piccolo glitch (compenetrazioni, alcuni movimenti in alcuni frangenti un po’ storti) , qualche imprecisione nei sottotitoli e una gestione della base e degli upgrade tutto sommato abbastanza scarna, oltre a un end fight che non ha soddisfatto tutti i player.

E dunque se Dark Descent si sarebbe meritato come minimo un 8,5 in una recensione qui su STWGames e considerando delle vendite di tutto rispetto per un gioco di nicchia a basso budget, perché la maggior parte degli appassionati di tattici a squadre non ne ha mai sentito parlare?
La risposta è triste quanto semplice: a causa del passaggio delle licenze di Aliens, che portò in primis a una praticamente inesistente campagna di marketing per questo meritevole titolo.
Come beffa ulteriore, nonostante la solidità di Dark Descent , dopo che la Disney acquisì la proprietà intellettuale del franchise tramite l’acquisto della Fox, é stato sin da subito evidente che non avesse interesse a permettere agli sviluppatori di continuare a lavorare su ulteriori contenuti per Aliens: Dark Descent, tantomeno un seguito per questo bellissimo strategico, e che nel 2023 arrivò addirittura a minare la release di fix e patch continuative per correggere i pochi difetti del gioco.
Dark Descent aveva un potenziale enorme in termini di espansione narrativa e di gameplay: nuove missioni, personaggi, ambientazioni, armamentario, abilità e persino archi narrativi alternativi avrebbero potuto arricchire ulteriormente l’esperienza. Invece, sembra che il gioco resterà un’occasione parzialmente sprecata, e potrebbe addirittura essere rimosso dagli store, qualora le licenze di pubblicazione non venissero confermate dalla casa di Topolino, detta anche la Weyland-Yutani dell’intrattenimento. Insomma un panorama dove spesso vince solo chi urla più forte, Aliens: Dark Descent sussurra con intensità e dignità, tanto comunque nello spazio nessuno può sentirvi urlare. Dark Descent è un ottimo titolo, e sopratutto sincero, figlio di una visione chiara e appassionata in grado di trasportarvi in una delle saghe di fantascienza più adulte e distopiche. Merita di essere giocato, ricordato e riscoperto, prima che venga inghiottito dal silenzio dello spazio. Perché a volte, i giochi Fuori Sync sono quelli che resistono più a lungo nella memoria.
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